“Un patrimonio inestimabile, parte di un territorio che in questi anni abbiamo animato e diffuso ovunque, costantemente sotto attenzione e pubblicizzato da riviste di settore, storia e identità di un’intera comunità, dei suoi figli e di chi verrà dopo di noi, oggi ostaggio del passante di turno, che ne detiene pseudo titolarità e lo sottrae ai fedeli, agli abitanti che hanno contribuito, anche indirettamente, ad evitarne il perimento e ai tantissimi visitatori delusi dal trovare sempre porte e cancelli chiusi, anche fosse per fare una piccola preghiera. Non si può stare in silenzio, non si possono vanificare anni di lavoro per meri capricci, non si può più mortificare una comunità intera. Chi può intervenga o si assuma la responsabilità di essere complice”. Succede a Buccheri, dove le chiese di Santa Maria Maddalena e Sant’Antonio, luoghi simbolo di fede e identità locale, sono chiuse ormai da mesi e il sindaco Alessandro Caiazzo non ci sta.
Le chiusure non dipenderebbero da lavori in corso, ragioni di sicurezza o per mancanza di volontari ma — come trapela da fonti interne alla comunità — da una decisione volontaria e apparentemente punitiva del parroco nei confronti dell’amministrazione comunale. Al centro dello scontro, sembrerebbe esserci l’autorizzazione concessa dal Comune alla storica manifestazione “Passiu Santu” evento legato alla tradizione religiosa e culturale del paese, che però il sacerdote avrebbe giudicato “non consono” o comunque in contrasto con la sua visione pastorale e con le processioni religiose.
Quarantuno anni di tradizione e di storia che nelle varie edizioni, pur con vicende alterne, hanno sempre visto l’intera comunità buccherese unita sotto la forte devozione nei misteri della Settimana Santa, una collaborazione che metteva al centro le sinergie tra volontari, parrocchia e comune. Per il secondo anno consecutivo, queste sinergie sono venute meno con l’uscita della parrocchia Sant’Ambrogio che, per decisione del suo parroco Angelo Galioto, ha negato l’utilizzo degli spazi parrocchiali e stabilito l’incompatibilità organizzativa con l’associazione “U Passiu Santu”. Questo non ha fermato la tradizione e così, nel piccolo centro ibleo, ci sono state due processioni, due Vie Crucis diverse.
Da lì, la rottura istituzionale e la chiusura — di fatto — di due chiese che rappresentano non solo spazi di culto, ma veri e propri simboli storici e sociali del borgo. Ma il gesto non è passato sotto silenzio. A denunciarlo pubblicamente è stato proprio il sindaco di Buccheri, Alessandro Caiazzo, che dopo mesi di attesa e silenzio, ha richiamato l’attenzione della cittadinanza e delle autorità superiori. Quindi l’arcivescovo di Siracusa Francesco Lomanto, chiamato già diverse volte ed in varie occasioni a riportare equilibrio, chiarezza e rispetto. E le sue sono parole che pesano come macigni e che fotografano una frattura profonda tra istituzioni civili e religiose. Una frattura che, però, colpisce al cuore proprio coloro che dovrebbero essere tutelati e serviti da entrambe: i cittadini.
“Le Chiese di Buccheri sono dei Buccheresi – commenta un cittadino – non proprietà private o del capriccio di chi dovrebbe consentire di usufruirne a tutti coloro che, per devozione o culto e/o turismo culturale, le vogliono aperte”.
Anche il mondo del turismo, che negli ultimi anni ha visto crescere l’interesse verso Buccheri, soprattutto per il suo patrimonio religioso e artistico, è stato danneggiato. Visitatori arrivati appositamente per ammirare gli interni barocchi o i meravigliosi tesori delle chiese, in parte restaurati anche con il supporto del Comune, o anche solo per recitare una preghiera, si sono trovati di fronte a porte sbarrate.
“Quando la fede si trasforma in strumento di battaglia personale, a rimetterci non è solo la religione, ma la coesione stessa di una comunità – conclude Caiazzo -. A Buccheri, il patrimonio religioso non può essere ostaggio dei capricci. Serve un gesto di responsabilità. E serve subito”.
Certo, la mente non può che andare subito al celebre Don Camillo e al suo avversario, il sindaco Peppone. Quelli erano personaggi immaginari, ispirati a qualcuno e da cui poi scaturirono pellicole ormai celebri. Qui è realtà.
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