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Commercio in crisi a Siracusa, Spadaro: “città svuotata, Siracusa lanci un patto tra giovani, imprese e istituzioni”

“Piazza Adda, da cuore pulsante a spazio spento", la città che cambia secondo Spadaro

La saracinesca chiusa di un negozio

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di Alessandro Spadaro – Coordinatore Cittadino “Ho Scelto Siracusa – ScN, in merito alla situazione del commercio in città. Già nella giornata di ieri il gruppo consiliare del Partito Democratico di Siracusa aveva sollevato la questione, chiedendo un consiglio comunale aperto sul tema.

Si assiste a uno spettacolo tetro di saracinesche chiuse. Già da tempo è in atto la progressiva chiusura di esercizi commerciali, anche storici, in tutta la città. Questa crisi non riguarda solo Siracusa, ma l’intero Paese. I dati nazionali 2024 parlano chiaro: ogni giorno in Italia hanno abbassato la saracinesca circa 170 negozi, e solo in quell’anno hanno chiuso definitivamente oltre 61.600 attività commerciali, mentre le aperture sono state poco più di 23.000. È un fenomeno devastante, con quasi 3 chiusure ogni nuova apertura, e una tendenza che raggiunge proporzioni allarmanti.


Certamente è lampante quello che accade nel “centro” città attorno a corso Gelone e piazza Adda. Ma non meno allarmante è la crisi del commercio in altri luoghi della città.

Le serrande abbassate, i locali vuoti, la desertificazione commerciale che colpisce intere strade, un tempo vivaci, sono il segnale di una grande crisi.

Aprire un’attività è oggi un rischio enorme: il caro affitti, la burocrazia, la diffidenza generale e la mancanza di entusiasmo rendono la sopravvivenza imprenditoriale sempre più difficile.

Non si tornerà più indietro. Le abitudini di consumo sono cambiate e sono ormai radicate. Tutto è a portata di clic, tutto si può avere direttamente a casa propria. La consegna a domicilio non è una novità, esiste da sempre. Ma oggi ha raggiunto livelli di capillarità e varietà impensabili fino a pochi anni fa, coprendo ogni categoria merceologica. Questo ha cambiato radicalmente il modo di vivere lo spazio urbano. È un problema culturale e sociale che va al di là della nostra città.

I centri commerciali, ancora oggi frequentati, resistono e rappresentano quello che un tempo era il “centro” della città: parcheggio facile, shopping, bar, ristoranti, servizi. Tutto in un unico spazio, comodo e protetto, dovunque uguale, senza anima e senza identità. Il centro urbano, invece, è diventato sempre più marginale, meno accessibile, meno attrattivo. Una ferita profonda è stata la desertificazione sociale di piazza Adda. Averla privata della presenza dei giovani è stato un errore grave, di prospettiva e di visione. Negli anni ’80 e ’90 quella piazza era un luogo sacro di aggregazione giovanile, un cuore pulsante che rendeva vivo un intero quartiere e la città stessa. La sua “chiusura”, il suo abbandono, sono stati il colpo di grazia a un tessuto sociale che oggi fatica a trovare nuove forme. A peggiorare tutto fu la discutibile scelta – miope e autolesionista – di chiudere il parco della piazza con inferriate e cancelli, destinandolo solo ai bambini. Una scelta che condannò definitivamente la piazza e i suoi dintorni, escludendo proprio quella fascia giovanile che dava vita al luogo e animava strade e commercio. Non sappiamo se il declino sarebbe comunque avvenuto, ma è certo che quella decisione gli diede il colpo di grazia. La miopia della politica di fine anni ’90 e 2000 non tenne in alcun modo in considerazione le esigenze dei giovani e nulla fu fatto per loro. Nessuna alternativa, nessun investimento, nessuna visione. Sia chiaro che la crisi che vive oggi il commercio non è una questione siracusana, né può essere imputata semplicisticamente all’attuale amministrazione comunale. Se fosse così, sarebbe tutto molto più facile da risolvere. La verità è che ci troviamo di fronte a un fenomeno strutturale, nazionale, che investe ogni città d’Italia. In questo contesto difficile, abbiamo il dovere di riconoscere l’impegno concreto dell’assessore al ramo, Edy Bandiera, e del Sindaco, che stanno lavorando con serietà per il rilancio del commercio e per valorizzare le attività legate alle tradizioni locali.

Mi chiedo, far ripartire il “centro” della città è possibile? Non so. Si deve provare, ma serve coraggio. Serve visione. Serve un nuovo patto di crescita. Un patto che parta dai giovani e sia dedicato ai giovani. Non si può puntare tutto solo sul food, come se fosse l’unica formula possibile. Serve inventiva, guizzi, sperimentazione, contaminazione tra arte, cultura, musica, tecnologia e impresa. Serve soprattutto un sistema di sostegno concreto a chi rischia, a chi prova a costruire qualcosa di nuovo in un contesto economicamente ostile. In questo è fondamentale un patto tra i proprietari degli immobili – ancora legati a valutazioni assolutamente fuori mercato – e le categorie produttive. Un patto che porti alla nascita di condizioni consorziali forti e rappresentative, capaci di studiare con il Comune un sostegno concreto nella semplificazione delle procedure burocratiche e nella riduzione della pressione fiscale per i primi anni di attività. Solo così si potrà creare un contesto realmente favorevole per chi vuole investire e fare impresa a Siracusa in un momento storico difficile per tutta l’Italia. Essere imprenditori, infatti, oggi è troppo rischioso. E spesso, purtroppo, chiudere è la scelta più saggia per non continuare a perdere. Ma non può finire così. Siracusa ha bisogno di un futuro. E quel futuro comincia con una scelta: ridare centralità ai giovani, restituire spazi, accendere di nuovo il cuore della città. Perché una città vive se a sostenerla sono i giovani. E questo vale in tutto.”

 


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