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Condotta “liberale” delle proprie attribuzioni: ecco perché Pippo Gianni non può tornare a fare il sindaco di Priolo

I giudici ammettono che ci si muovesse in vista di un vantaggio "politico"

“Una condotta “liberale” delle proprie attribuzioni pubbliche per fini non del tutto sovrapponibili agli interessi della collettività”. Questa, in sintesi, una delle motivazioni della sentenza con cui il Tribunale del Riesame ha rigettato la richiesta di scarcerazione del sindaco di Priolo Pippo Gianni. Condotte, quelle del primo cittadino, che secondo i giudici legittimano l’ipotesi di reiterazione del reato da parte di Gianni che per questo rimane agli arresti domiciliari.

“Il dispiegarsi, in un arco temporale, non breve – si legge nelle motivazioni – comunque sintomatiche di una disinvoltura allarmante nell’esercizio delle proprie attribuzioni, pur nella consapevolezza dell’anomalia delle richieste, vale senz’altro a dimostrare la sussistenza del pericolo di reiterazione criminosa”.

Quanto alla misura cautelare imposta al sindaco, secondo i giudici del Riesame, è necessaria vista la quantità di persone con cui, in virtù della sua carica pubblica, entrerebbe in contatto nell’esercizio delle sue funzioni (dirigenti comunali, polizia municipale, imprenditori) e che potrebbero condurre a nuove condotte illecite simili a quelle che gli vengono contestate.

I giudici infatti ammettono che, in termini di elevata probabilità indiziaria, ci si muovesse sollecitando alle ditte aggiudicatarie di appalti assunzioni o contributi economici in vista di un vantaggio “politico” (acquisizione di voti e consenso). E quindi non un ritorno economico. L’avvocato difensore del sindaco Gianni, Ezechia Paolo Reale, ha già annunciato ricorso in Cassazione.


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