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Covid party anche a Siracusa, le chat dei No vax su Telegram e Whatsapp |Avviate le indagini

In alcuni casi durante la serata si usano i cotton fioc che prima vengono infilati nelle narici di chi ha il Covid e poi passati tra gli invitati che a loro volta ripetono il rito pur di contrarre la malattia

Si chiamano Covid Party, sono organizzati da alcuni irriducibili no vax e hanno come obiettivo quello di contagiare chi ha bisogno del Green Pass, ma non vuole sottoporsi al vaccino. Una vera e propria moda che da qualche mese sta prendendo sempre più piede in Italia (sono già stati scoperti casi in Piemonte, Liguria e Bolzano) e che adesso sarebbe arrivata anche a Siracusa e provincia.

Le segnalazioni alla nostra redazione si moltiplicano di giorno in giorno. Tutti, però, hanno paura di esporsi. Anche perché spesso i protagonisti di questi racconti sono amici, parenti o vicini di casa. E allora lo step successivo, cioè la denuncia alle Forze dell’ordine, è difficile da fare.

“Non posso denunciarli, poi scoprono chi lo ha detto”, oppure “non voglio problemi”: queste le giustificazioni più comuni.

Eppure, nonostante manchino le cosiddette “prove provate”, i racconti sul “Covid party” sono più che plausibili e tutti con le stesse dinamiche: ci si organizza su gruppi Whatsapp oppure su Telegram, l’ospite d’eccezione della serata è il positivo (che ha preso il virus in un’altra situazione, non per forza volontariamente), e si decide dove darsi appuntamento (spesso proprio a casa del positivo). Così parte la serata. Si mangia scambiandosi le posate, si beve tutti dallo stesso bicchiere, si chiacchiera, si scherza e si ride. Fino al momento “clou” della festa, l’apice del tentativo di contagio: farsi tossire in faccia dal positivo o far sputare quest’ultimo in un fazzoletto che poi viene passato di bocca in bocca per leccare o respirare le famose “goccioline” dove si deposita il virus.

E se tutto questo sembra già una follia, c’è chi si è spinto a fare di più: cotton fioc infilati nelle narici di chi ha il Covid e poi passati tra gli invitati, che a loro volta ripetono il rito. Il tutto si chiude con un bel brindisi. Risultato: in quasi tutti i casi gli invitati si positivizzano nel giro di 3/4 giorni.

In realtà le feste per contagiarsi esistono da anni. Una vecchia tradizione, rimedi “della nonna” tra gli anni 80’ e 90’: il morbillo o varicella party. Si trattava di incontri organizzati dai genitori durante i quali bambini infetti venivano a contatto con altri piccoli sani, con l’obiettivo di far contrarre loro la malattia, contagiandoli. Era una pratica diffusa soprattutto in mancanza di vaccinazioni e legata alle malattie esantematiche. I no vax, infatti, sono sempre esistiti, anche prima del covid. E le feste si continuano a fare, per il morbillo e la varicella, anche in anni recenti.

Oggi, però, c’è un’aggravante non da poco: il sistema sanitario è al collasso, l’intero Paese è in ginocchio anche dal punto di vista economico. Solo nel capoluogo aretuseo gli attuali positivi sono circa 3mila.

La città sembra quasi fantasma: le strade sono più vuote, i corridoi dei centri commerciali (nonostante i saldi) semi deserti, gli attrezzi delle palestre fermi in attesa che qualcuno li utilizzi e sulla ripartenza delle scuole c’è ancora un grosso punto interrogativo. Si potrebbe andare avanti ancora per molto: voli cancellati, locali notturni chiusi e altro ancora. Poi la mente ritorna alle frasi più gettonate sui social: “Ma cosa vuoi che sia? È solo un’influenza!” Un positivo… ogni tanto. E si fa festa.


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