Gran parte di questi reati contestati sono già prescritti (come nel caso dell’ex comandante della Guardia di Finanza che intercetta le comunicazione interne in Caserma, da cui il titolo dell’inchiesta del Fatto Quotidiano), in fase di prescrizione o a rischio prescrizione già dalle prime battute di un eventuale procedimento giudiziario che coinvolge 11 indagati. Emerge soprattutto una superficialità nel condividere – quasi sempre tra le forze dell’Ordine – informazioni sensibili riguardanti attività di intercettazione che vedono protagonista proprio Malfa (principale ma non unico interlocutore) che per soddisfare le curiosità di tutti si presta alla condivisione delle notizie, anche se coperte da segreti. Se poi queste vengano condivise oppure no con il beneplacito dei Pubblici ministeri, non possiamo essere noi a saperlo.
Malfa, sottolineano i suoi avvocati difensori, Aldo Ganci e Nino Consentino, “ha ricoperto l’incarico di responsabile coordinatore per la GR Sistemi e non è certo un tecnico installatore. Mai poteva accedere al client di intercettazione e/o al mod.37 per generare Rit e Ria se non autorizzato dai Pm, dalle segreterie degli stessi, o dalla P.G., per problematiche tecniche nei sistemi di intercettazioni e problematiche tecniche del modello 37. Quanto pubblicato da Il Fatto Quotidiano, riportando i nomi degli indagati, sarà oggetto di approfondimento nelle sedi opportune, come nelle sedi opportune Malfa ha deciso di far valere le proprie ragioni e la propria estraneità ai fatti”.
Quello che emerge da queste storie è più che altro una morbosa curiosità, da tutte le parti, di chi vuole abbeverarsi alla fonte delle intercettazioni più per sapere che per altro. C’è chi vuole conoscere dettagli sul padre, chi su un ex allenatore di calcio, chi vuole ascoltare le conversazioni dei sottoposti e chi vuole informazioni su procedimenti penali in corso. Poi c’è anche chi prova a far togliere la multa al veicolo, chi vorrebbe sapere la visura catastale di un terreno, chi “aggirava” il cavallo di ritorno facendosi restituire lo scooter di un parente dall’autore del furto.
Quello che emerge è uno spaccato di Italia che purtroppo non sorprende, da parte di chi dispone di una mole di notizie veramente importante, ma si trova anche disponibile a condividerle con i colleghi in chat e con militari e agenti che gliele richiedono, anche senza seguire i protocolli. In un’inchiesta giudiziaria che magari non porterà da nessuna parte, a meno che non si voglia metter mano a regolamenti e disposizioni su un mondo, quello delle intercettazioni, che non dovrebbe passare dalle rane dalla bocca larga o da cortesie, ma da protocolli più rigidi, specifici, non bypassabili. Fino ad allora, citando Pirandello, così è… se vi pare.
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