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Il Tar ferma la Regione: Sicula Trasporti non dovrà convertire l’impianto

Il Tar ha accolto il ricorso, ritenendo che la Regione abbia ecceduto i propri poteri e abbia snaturato l’oggetto della richiesta presentata dall’azienda

Il Tar di Catania ha accolto il ricorso presentato da Sicula Trasporti S.p.A. contro i provvedimenti dell’Assessorato del Territorio e dell’Ambiente della Regione Siciliana che avevano imposto condizioni ambientali per l’esclusione del progetto dalla Valutazione di Impatto Ambientale (Via). I giudici amministrativi hanno ritenuto che la Regione abbia ecceduto i propri poteri, imponendo una modifica sostanziale del progetto che di fatto ne snaturava l’oggetto.

Sicula Trasporti, che gestisce un impianto di trattamento meccanico di rifiuti urbani non pericolosi destinati allo smaltimento in discarica, aveva proposto modifiche non sostanziali al proprio impianto per poter inviare i rifiuti trattati non solo allo smaltimento, ma anche a impianti terzi per operazioni di recupero (codici R12 e R13).

Tuttavia, con i decreti impugnati, la Regione Siciliana – su parere della Commissione Tecnica Specialistica (CTS) – aveva escluso il progetto dalla procedura Via, ma subordinandolo a una condizione ambientale: entro sei mesi l’azienda (oggi commissariata) avrebbe dovuto convertire il proprio impianto di biostabilizzazione in un impianto per la produzione di combustibile solido secondario (CSS). L’azienda ha contestato questa prescrizione, ritenendola illegittima, sproporzionata e non supportata da una motivazione adeguata.

La conversione imposta, secondo Sicula Trasporti, avrebbe snaturato l’oggetto della richiesta, imponendo un nuovo impianto non previsto che avrebbe costretto l’azienda a effettuare investimenti ingenti non programmati. Inoltre, l’impianto Sicula è a flusso separato, mentre la produzione di CSS richiede un impianto a flusso unico e ancora il rifiuto trattato ha un potere calorifico insufficiente per essere convertito in CSS. Infine, la bioessiccazione richiesta dalla CTS avrebbe comportato un aumento delle emissioni e un consumo energetico eccessivo.

“Dopo la conclusione del primo ciclo di trattamento (posto in essere dalla Sicula), i rifiuti trattati verrebbero spediti ad altri impianti (ciò che sembrerebbe cambiare è solamente la destinazione dei rifiuti) – si legge nella sentenza -. Più specificatamente, mentre in precedenza i rifiuti trattati dalla Sicula venivano avviati esclusivamente a smaltimento, adesso i medesimi rifiuti verrebbero avviati verso impianti terzi di recupero (attività da R1 a R12). Per contro, con la condizione ambientale oggetto di disamina, verrebbe imposta alla ditta ricorrente la realizzazione un nuovo impianto capace di trattare i rifiuti in tutte le sue fasi (da quella iniziale a quella finale). In altri termini, l’Amministrazione, a fronte di un progetto che prevede un trattamento intermedio del rifiuto (R12 e R13: scambio di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni indicate da R1 a R11 e messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12), ha imposto la realizzazione di un impianto per l’effettuazione di un trattamento finale (R3, che consiste nel riciclaggio o recupero del rifiuto). Ciò posto, il Collegio ritiene che il potere di imporre condizioni ambientali non possa trasformarsi nel potere di modificare l’oggetto del procedimento”.

La Regione può quindi effettuare le proprie valutazioni in ordine al progetto presentato e imporre particolari prescrizioni, purché le condizioni stabilite “non siano tali da imporre alla parte istante la realizzazione di un intervento diverso per natura e finalità e che si risolva, pertanto, nell’approvazione di aliud pro alio, per utilizzare una terminologia di impronta civilistica, e consista nell’introduzione d’ufficio di una proposta oggettivamente differente rispetto a quella formulata dal privato”.

Il Tar ha quindi accolto il ricorso, ritenendo che la Regione abbia snaturato l’oggetto della richiesta presentata ed evidenziando come il potere di imporre condizioni ambientali non possa tradursi in una modifica sostanziale del progetto. La Regione, infatti, avrebbe dovuto valutare il progetto per quello che è, senza imporre un’alternativa diversa (realizzazione di un nuovo impianto di CSS). I giudici amministrativi hanno annullato il provvedimento della Regione Siciliana nella parte in cui il provvedimento ha contemplato il rispetto della specifica condizione ambientale di cui si tratta, imponendo la realizzazione di un impianto per l’effettuazione di un trattamento finale.

Sicula Trasporti potrà proseguire con il proprio progetto senza l’obbligo di convertire l’impianto per la produzione di CSS e la Regione Siciliana dovrà rivedere la propria posizione e riconsiderare il progetto senza imporre condizioni non conformi alla normativa.


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