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Il vice presidente Lukoil a Siracusa, tra embargo del petrolio russo e smentite sulle vendite degli impianti

Ieri a Siracusa era presente il nuovo vice presidente del colosso petrolifero russo, Rustem Gimaletdinov

Un nuovo vice presidente, le possibili restrizioni causate dall’embargo del petrolio russo e delle trattative in corso per valutare la possibilità di vendere gli impianti. Quelli in corso sono giorni tumultuosi all’interno degli stabilimenti Lukoil di Priolo.

Ieri a Siracusa era presente il nuovo vice presidente del colosso petrolifero russo, Rustem Gimaletdinov. Ieri il numero uno di Lukoil si è presentato ai vertici siracusani dell’azienda e pare si sia parlato anche dell’ipotesi di vendita degli impianti.

La società di private equity statunitense Crossbridge Energy Partners sarebbe vicina all’acquisizione della raffineria Lukoil in Sicilia. La notizia è stata riportata dal Financial Times nella sua edizione online. La società a stelle e strisce avrebbe già trascorso una decina di giorni per svolgere una due diligence negli impianti Isab di Priolo. Crossbridge Energy Partners non è il primo potenziale acquirente che ha già manifestato il proprio interesse per gli impianti del polo industriale Siracusano. Come riportato dal nostro quotidiano il 29 gennaio scorso, infatti, anche i norvegesi di Equinor avevano intavolato una trattativa per gli impianti di Lukoil. Trattativa interrotta dopo l’invasione dei russi in Ucraina.

In casa Lukoil al momento bocche cucite e nessuna intenzione di commentare le possibili indiscrezioni, anche se sembrerebbe che proprio ieri Gimaletdinov abbia smentito le ipotesi di vendita degli impianti. Ma sugli stabilimenti resta ancora la spada di Damocle dell’embargo sul petrolio russo che entrerà in vigore dal 4 dicembre e che di fatto potrebbe portare allo stop della produzione degli impianti. Una situazione paradossale per Isab, acquisita nel 2008 dalla Litasco (il braccio commerciale di Lukoil con sede in Svizzera) che di fatto non è soggetta direttamente alle sanzioni.

Una situazione che metterebbe a rischio gli oltre mille lavoratori diretti, più i circa 2mila dell’indotto. Un effetto domino che di fatto potrebbe coinvolgere successivamente tutto il polo industriale siracusano.


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