L’incendio divampato ieri all’interno dello stabilimento Ecomac di Augusta continua a destare forte preoccupazione in tutta la provincia. Le fiamme hanno interessato materiale plastico, generando una densa nube nera visibile anche da Siracusa e spinta dal vento in direzione sud. Dopo una notte di monitoraggio costante, la situazione resta sotto stretta osservazione, ma le condizioni atmosferiche e i venti rappresentano ancora un fattore critico. In via precauzionale, il sindaco di Priolo Pippo Gianni ha firmato un’ordinanza contingibile e urgente che invita la popolazione a rimanere in casa, evitare spostamenti, spegnere i climatizzatori e chiudere infissi e finestre. E di lasciare la spiaggia, per i bagnanti sul posto.
Il provvedimento si è reso necessario poiché dalle previsioni meteo emerge la possibilità che la nube tossica possa interessare il territorio comunale nelle prossime ore. “Stiamo monitorando costantemente la situazione – ha dichiarato il Comune di Priolo – e i nostri volontari della Protezione Civile, insieme alle squadre di soccorso, sono ancora impegnati per domare l’incendio”.
Anche i Comuni di Augusta e Melilli hanno attivato i rispettivi Centri Operativi Comunali e sono in contatto continuo con la Prefettura e con gli organi competenti. Sul posto operano i Vigili del Fuoco, tecnici dell’ARPA e forze dell’ordine. Non si registrano feriti, ma la preoccupazione riguarda soprattutto il possibile impatto ambientale legato alla combustione di rifiuti plastici. Il sindaco di Augusta, Giuseppe Di Mare, intervenuto ieri in diretta su Siracusa News, ha chiesto trasparenza sui dati ambientali e preannunciato una presa di posizione forte nei confronti dell’azienda.
“Non possono accadere due episodi simili nello stesso impianto in così breve tempo – ha detto – qualcosa non sta funzionando”. Le amministrazioni locali invitano la popolazione alla massima prudenza e a seguire gli aggiornamenti esclusivamente tramite i canali ufficiali.
La Procura di Siracusa ha aperto un’inchiesta sull’incendio al deposito, il secondo a distanza di 3 anni, per capire se dietro c’è la mano degli attentatori o se, invece, non sono state prese adeguate misure di sicurezza.
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