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La verità dei periti su Ias di Priolo: “inadeguato per reflui industriali, coprire le vasche e ristrutturare l’impianto”

Il ciclo di trattamento dell'impianto di depurazione di Priolo Gargallo risulta non completamente adeguato alla depurazione delle acque reflue industriali prodotte nel polo petrolifero

L'impianto di Ias

Un impianto strutturalmente inadeguato, emissioni di inquinanti in atmosfera che superano spesso i limiti di legge e un sistema di trattamento che – pur restando al di sotto dei valori di legge per gli scarichi a mare – mostra segni di forte criticità. È il quadro che emerge dalla lunga consulenza tecnica (410 pagine) depositata dai periti nominati dal Gip di Siracusa, Salvatore Palmeri, nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione dell’impianto consortile Ias di Priolo Gargallo.

Secondo quanto accertato dai periti Fabrizio Martinelli, Piero Sirini e Francesco Pirozzi, le analisi effettuate sugli scarichi a mare – attraverso la condotta sottomarina – hanno rilevato concentrazioni di inquinanti inferiori ai limiti normativi. La qualità delle acque nella zona di scarico, secondo quanto verificato anche da Arpa Sicilia e dal consulente tecnico ing. Polizzi, non mostra segni di compromissione ambientale significativa. Ben diversa la situazione per la matrice atmosferica. Nell’area dell’impianto – soprattutto in prossimità delle prime vasche del ciclo di trattamento – sono stati rilevati frequenti picchi di benzene e toluene, in alcuni casi superiori ai limiti stabiliti dalla normativa nazionale. I valori di benzene, ad esempio, hanno spesso superato il limite di 5 μg/m³, anche se le rilevazioni si riferiscono a campioni prelevati su un arco temporale ristretto (2 ore).

Il sistema di trattamento delle acque reflue, spiega la consulenza, presenta caratteristiche più adatte al trattamento di reflui civili che non industriali. Manca una fase di flottazione – prevista dalle migliori tecniche disponibili (BAT) per il trattamento di acque industriali – e non è presente nemmeno un’unità di filtrazione. Inoltre, parte delle vasche è fuori esercizio da tempo, e l’intero impianto è alimentato da portate pari al 50% di quanto previsto in origine, fatto che ne ha limitato le conseguenze peggiori ma non ha risolto i problemi strutturali.

L’analisi ha distinto tra gli idrocarburi leggeri, come benzene e toluene, e quelli pesanti. I primi, più volatili, vengono in parte degradati biologicamente ma finiscono in gran parte dispersi nell’aria: le misure hanno mostrato valori elevati all’interno dell’impianto, con progressiva attenuazione verso l’esterno. I secondi, meno biodegradabili, si accumulano nei fanghi di risulta, con concentrazioni dell’ordine di decine di migliaia di milligrammi per chilogrammo.

Dal punto di vista ambientale, i fanghi rappresentano dunque il principale serbatoio di inquinanti, mentre le emissioni in atmosfera configurano un problema di esposizione diretta per lavoratori e cittadini, anche se – stando ai modelli di dispersione elaborati dal Politecnico di Milano e da Arpa Sicilia – l’effetto di diluizione oltre i confini dell’impianto sarebbe piuttosto rapido.

Secondo i periti, sia IAS, sia i grandi utenti avrebbero potuto evitare parte delle criticità riscontrate. Le industrie avrebbero dovuto garantire un miglior controllo dei propri impianti di pretrattamento, evitando le numerose “disconformità” rilevate. Da parte sua, IAS non ha mai reso pienamente operativo l’impianto di deodorizzazione, installato nel 2003, parzialmente utilizzato fino al 2012 e poi dismesso. “Una scelta grave – scrivono i tecnici – considerando le elevate emissioni di gas inquinanti registrate soprattutto nelle prime fasi del ciclo di trattamento”.

Per ridurre l’impatto ambientale pur garantendo la continuità delle attività industriali, la relazione peritale indica interventi prioritari e non più procrastinabili: realizzare la copertura delle vasche e dotarsi di un sistema efficiente di aspirazione e trattamento dei gas, come già sperimentato nel 2019 da RINA Consulting e approfondito nel 2022 da IGF Consulting; ristrutturare le vasche ammalorate, svuotare quella di omogeneizzazione e migliorare l’efficienza delle unità di processo; valutare l’inserimento di una fase di flottazione per aumentare la capacità di rimozione degli idrocarburi; proseguire gli interventi presso i pretrattamenti dei Grandi Utenti per evitare il superamento dei limiti già al momento dello scarico in ingresso.

L’impianto Ias di Priolo – si legge in conclusione – ha mostrato, nel periodo 2015-2020, una parziale efficienza nel rispetto dei limiti normativi, ma non è strutturalmente e funzionalmente idoneo a trattare con sicurezza e continuità i reflui industriali provenienti dal polo siracusano. Le sue carenze progettuali, i mancati investimenti e l’assenza di un’efficace gestione delle emissioni hanno generato criticità ambientali documentate, seppure in parte attenuate dalla ridotta portata in ingresso.

In parole povere: il ciclo di trattamento dell’impianto di depurazione di Priolo Gargallo risulta non completamente adeguato alla depurazione delle acque reflue industriali prodotte nel polo petrolifero, presentando un’articolazione più prossima a quella usualmente adottata per la depurazione di reflui civili. Che poi potrebbe essere il suo futuro.


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