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L’Editoriale: Elena in stile X Factor è un capolavoro tecnologico e cinematografico al teatro Greco di Siracusa

Il teatro è storia, ma può anche essere attualità e tecnologia. Vi racconto cosa ho visto durante la prima di Elena.

Ok, il titolo è forte ma ancora non sapete cosa realmente è successo alla prima di Elena. Una tragedia, così dicevano, prima che iniziasse lo spettacolo. Invece va in scena un complesso meccanismo cinematografico con tanto di navi frantumate che si muovono e un’arena allagata per l’occasione come nella prima scena della seconda stagione di Westworld. Ah dimenticavo, questo articolo è pieno di spoiler.

X Factor, sì, sembra ci sia lo zampino di Tommassini nel maxi schermo a led dodici metri per due che sovrasta la scenografia post bellica delle spiagge egizie come nella scena finale di Dunkirk con il caccia arenato. In realtà è il relitto della nave con cui Menelao arriva sulle coste africane dopo aver nascosto la Elena spettro, e bla bla bla… ok questa parte ve la potete anche leggere su wikipedia per chi non ricorda come si svolge la trama di Euripide non sarò di certo io a rovinarvi il finale scritto migliaia di anni fa.

Dicevamo, maxischermo con immagini di onde ad alta risoluzione, un ritmo battente e incessante, nella prima parte, pieno di bassi come ci ha abituato il primo Sollima nelle scene ansiogene di Gomorra. La nave schiantata, l’arena allagata e Elena, quella vera, viva, che incontra Menelao a bordo di una sedia telecomandata. Non ho ben capito il significato della sedia, forse puramente stilistico come il richiamo al Re francese di cui parleremo dopo, ma mi ha ricordato con un leggero sorriso le pubblicità di Media Shopping di quelle sedie per aiutare a far alzare gli anziani con la sola pressione di un tasto. Devo ammettere che più volte la mia attenzione è stata rapita da alcune traiettorie strane della sedia radiocomandata aspettando il colpo di scena.

Elena, brava attrice, convincente anche quando infila la lingua in bocca a Menelao al momento del ricongiungimento. Ricapiterà spesso e non stupitevi perché va proprio così in pieno “Maria apri la busta”. Il Re, che dovrebbe essere il cattivo che vuole sposare Elena e toglierla al legittimo marito  è arredato di vesti francesi, tanto da avere un sottofondo di violini squillanti che non nascondono il richiamo a Versailles.

Sto saltando da una scena all’altra, perché il filo conduttore è stato tenuto egregiamente in linea dagli attori e dal coro. Non mi è chiara la scelta del regista, tra una scena e l’altra, quando spara una sorta di gong con annesso lampo di luce bianca (come il neuralizzatore che usa Will Smith in Man in Black per cancellare la memoria), lo stesso rumorino semplice che durante una partita di calcio ti ricorda di distrarti per guardare il logo del partner commerciale.

Ovviamente qui non vi era traccia di sponsor, ma la traccia politica è stata lasciata senza alcun dubbio. Interessante il richiamo all’attualità, di sicuro il regista non voterà per Salvini: Menelao naufrago chiede accoglienza in territorio Egizio pronunciando parole di sacralità del naufrago e questi viene redarguito da una donna (che spazza il mare nel letterale senso di come lo leggete) che lo blocca dicendogli che i loro porti sono chiusi. Il Greco (noi siamo di origine greca giusto per essere noiosamente puntiglioso) che trova in Africa i porti chiusi, questa scena non mi è nuova ma la ricordavo al contrario. Il mare rosso, di sangue di tutte le persone morte in quel mare, nel nostro stesso mare (forse oggi, forse un tempo, ma poco cambia), continua a scorrere per parte di vita del maxi schermo a led (a fine spettacolo un pannello dello schermo aveva deciso di avere i suoi 20 minuti di gloria dando i numeri con colori giallo fluo, giusto per non lasciare immacolata la prima della prima).

Quindi nel complesso direi che questo nuovo corso, non so quanto durerà, tra arte, storia e tecnologia ha avuto un successo almeno per chi scrive e per la standing ovation ricevuta a fine spettacolo. Ultima peculiarità: non uscite cellulari, non fate foto o video perché se la tecnologia è entrata nel teatro Greco, una gentile maschera vi chiederà di posare il vostro cellulare nella tasca (lo so perché io sono tra quelli cazziati, ma facevo foto e video per questo articolo e per qualche storia sul mio profilo Instagram personale con la scusa del lavoro). È che sia la volta buona di poter godere un grande spettacolo senza doverlo vedere da una lente artificiale.

Chiedo scusa agli attori di cui non sto parlando, sono stati tutti bravissimi, sul serio. Ma i miei studi, se pur classici, sono troppo arrugginiti per poterne dare contezza e ho preferito raccontarvela come se fosse stato il finale di stagione di una serie durata una sola puntata dal vivo. Andate al teatro, l’arte è cultura e mai come oggi il teatro è così vicino al cinema. Chiudo con un complimento al coraggio del regista per averci mostrato un nuovo volto stilistico delle tragedie greche accompagnato, oggi, dal canto dei migranti che ha suonato per alcuni secondi tra il silenzio di migliaia di persone sedute intorno alla storia.


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