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Manca poco per il Carnevale della Terrazza degli Iblei: voci e suggestioni dei carristi

Dalle viuzze alla piazza: lo spettacolo di luci e colori

C’è un paese in Sicilia dove le grandi menti della fisica avrebbero dovuto riscrivere le loro teorie. C’è un punto preciso in via Iblea, dove il respiro si fa sottile e il cuore accelera. Una targa di pietra lo marca come un trofeo: “Il Carnevale più stretto d’Italia”. A Melilli, questo non è un limite: è un’investitura.

La 65esima edizione di un carnevale che sfida la fisica (e vince!)

Il 2025 segna la 65esima edizione. Ma quest’anno c’è qualcosa di diverso nell’aria. Il recente riconoscimento come “Il Carnevale più stretto d’Italia” ha acceso una scintilla negli occhi dei carristi. Come se questo titolo fosse la conferma di quello che a Melilli sapevamo da sempre: la loro arte non è follia, è genio.

La Febbre del capannone – il quartier generale del Carnevale melillese

Mancano pochi giorni alla prima esibizione di domenica 2 marzo, la tensione è palpabile nel quartier generale, il nucleo artistico, il vero laboratorio creativo del Carnevale melillese. Nel grande capannone comunale, cinque box, cinque comitive, cinque sogni in competizione. L’aria è carica di elettricità e ambizione. Si mastica tensione e adrenalina.

In questo tempio dell’arte popolare, i carristi si muovono come officianti di un rito antico. Le loro mani, esperte e precise – sporche di pittura e ispessite dalla fatica del lavoro – accarezzano le superfici stratificate di carta di giornale, colla e colori, con la delicatezza di chi culla un neonato. Ogni gesto è una preghiera, ogni sforzo una promessa. Nei cinque box, separati ma uniti dalla stessa febbre creativa, i sogni prendono forma tra pennellate che battono il tempo di questa sinfonia artigiana. La cartapesta è pergamena, il sudore è inchiostro: stanno scrivendo una lettera d’amore alla loro città.

Il respiro sospeso in via Iblea – Voci e suggestioni dei carristi

I carri di Melilli sono come fisarmoniche: si contraggono fino all’inverosimile per attraversare le nostre viuzze, per poi riaprirsi in tutta la loro magnificenza una volta raggiunta piazza San Sebastiano. Quindici metri di larghezza che devono passare attraverso vicoli di poco più di due metri e balconate storiche che costringono, come spade di Damocle, la maestosità di giganti colorati che di lì a poco sfioreranno i quindici metri.

È come insegnare a un pavone a diventare colomba, per poi tornare pavone“, spiega Vincenzo C., della comitiva “K2” – detentori del 1° posto nel carnevale 2024 – mentre si cimenta nei piccoli ritocchi del carro quasi ultimato. Questo è un cantiere storico, qui si sono succedute le più grandi maestranze che hanno scritto a fuoco il firmamento del nostro carnevale, il minimo per noi è lavorare sodo per rendergli onore. Ogni anno pensiamo di aver raggiunto il limite, ogni anno quel limite si sposta un po’ più in là“.

“Come facciamo a migliorarci ogni anno? È semplice – ride Manuel della comitiva “Scacco Matto”, attori del carnevale da 4 anni – Ci guardiamo l’un l’altro attraverso le pareti dei box. La competizione con i più grandi d’età e d’esperienza stimola la nostra creatività. Sentiamo i rumori, intuiamo i progressi. Facciamo squadra ricordando che proprio i momenti che viviamo tra queste mura, sono il nostro più grande premio”.

Raccontano aneddoti, interviene Samuele della stessa comitiva: “anni fa, in uno dei nostri primi Carnevali, abbiamo considerato in maniera errata le misure, un’ala del nostro carro è rimasta incastrata tra le ringhiere di un balcone, così ho dovuto suonare ripetutamente il campanello di quella casa e chiedere ai proprietari di poter salire e sbloccare quella parte di carro per salvarla dalla mutilazione. Adesso ci ridiamo su, consapevoli di aver imparato a non sottovalutare il rischio di questi piccoli incidenti”.

Luca, della comitiva “Nuova era”, mostra un video sul proprio telefono: il loro carro dell’anno scorso che attraversa il punto più stretto di via Iblea. “Vedi quello spazio tra il carro e il muro? Sono sette millimetri. Li sogno ancora la notte. È bellissimo vedere come tutti i visitatori trattengono il respiro, e proprio lì, in quel punto “magico”, capisci che non si è costruito solo un carro da parata, ma si è partecipato alla spettacolarità di un carnevale che merita di diritto il suo spazio nel panorama dei carnevali storici per la sua unicità”.

Francesco, anche lui componente della “Nuova Era” è impaziente, non serve solo raccontare quanto sia emozionante il carnevale di Melilli, bisogna vedere quanto lavoro e quanta meticolosità c’è nella realizzazione. Ci guida attraverso un vero e proprio tour tecnico. “I box sono organizzati in reparti. Ogni reparto ha i propri operai. Si inizia dall’idea, per poi disegnare il bozzetto. Il primo step di lavoro manuale è affidato ai “firrari”, che si adoperano nella costruzione del telaio – in ferro, appunto – che sarà la struttura del carro. Poi, i “gessisti” lavorano sul calco, e dopo una serie di processi e di attese si ricava la forma da incartare. In concomitanza, il reparto degli elettricisti lavora per l’impianto d’illuminazione e il reparto meccanico lavora per i movimenti dei “pupazzi”. Ogni anno cerchiamo di automatizzare sempre di più i movimenti. Pensa che in passato ciò che adesso viene controllato da remoto, veniva fatto con corde e carrucole”

E non mancano di certo gli insegnamenti dei saggi, i veterani del Carnevale. Quelli dello “zio Nino” della comitiva “Lapuni”, che alla domanda: “Quali sono le emozioni che provate quando il vostro carro si apre in piazza S.Sebastiano?”, risponde: “Nun ci puggiamu n’terra” (non riusciamo a stare con i piedi per terra dalla felicità). Si ride. Seby, della stessa comitiva rimarca quanto sia importante avere la supervisione dei più grandi, insegnanti intransigenti ma anche amorevoli nei giudizi, per migliorarsi ogni anno.

E poi “Gli amici di Uccio”, che mi raccontano di come la loro comitiva sia nata dalla voglia di tramandare l’arte, “il prodotto tipico” di questo paese. “Per noi, il Carnevale è un’occasione per ritrovarci, per sentirci parte di una storia più grande – confessa Emilio – lottiamo contro il tempo e le difficoltà, ma il momento in cui il nostro carro si esibisce, ci ripaga di tutto. Ci sentiamo custodi di un’importante tradizione”.

La competizione qui non è solo una questione di estetica. È una sfida di ingegneria folk, dove la precisione millimetrica incontra la poesia del movimento. Ogni carro che passa per Via Iblea è un piccolo miracolo di fisica applicata all’architettura in movimento, dove ogni millimetro è possibilità di fallimento o di gloria eterna.

Dalle viuzze alla piazza – Lo spettacolo di luci e colori

E poi, come in ogni storia d’amore che si rispetti, arriva il momento della rivelazione. Piazza San Sebastiano non è più solo una piazza – è un teatro dove l’impossibile diventa realtà, dove i miracoli hanno il profumo della cartapesta e il colore acceso dei sogni.

I carri lasciano la via iblea emergendo come farfalle dal bozzolo. Si aprono lentamente, in un crescendo che toglie il fiato. Le strutture si dispiegano come ali di un essere mitologico, rivelando colori straordinari, forme che sfidano la geometria, dettagli che raccontano mesi di lavoro certosino.

È in questo momento che la sicurezza e la competizione dei carristi si trasforma in emozione. Gli occhi si riempiono di lacrime che brillano come stelle liquide, le mani si stringono in preghiera, i volti tesi si sciolgono in sorrisi di puro sollievo. L’esibizione del loro carro, finalmente libero, è pura gioia. Sono padri che vedono i loro figli spiccare il primo volo, artisti che vedono il loro sogno prendere vita, artigiani che vedono la loro fatica trasformarsi in magia pura.

La folla è un’unica entità pulsante. Prima il silenzio – un silenzio denso come miele, carico di aspettativa. Poi l’esplosione: applausi che rimbombano contro gli archi di pietra di quella piazza che grida di meraviglia. I coriandoli non cadono – danzano, creando nell’aria giochi di colori degni del migliore dei caleidoscopi. La musica non si limita a sottofondo – diventa il battito cardiaco della piazza stessa. I bambini saltano e urlano stupiti, con quella meraviglia pura che solo l’infanzia conosce. Gli anziani, seduti sui balconi, annuiscono con gli occhi lucidi – nei loro sguardi si legge il peso dolce dei ricordi, il filo d’oro della tradizione che lega passato e presente.

Visitare il Carnevale a Melilli – pellegrinaggio artistico

Dal 2024, il Carnevale della Terrazza è ufficialmente parte della rete dei carnevali storici d’Italia. Ma per i Melillesi, questa è sempre stata più di una festa. È una lezione di vita che si ripete ogni anno: i limiti esistono solo per essere ridefiniti, le strettoie sono opportunità di trasformazione, l’impossibile è semplicemente qualcosa che i carristi non hanno ancora imparato a piegare alla loro volontà.

Qui, tra questi vicoli antichi, dove l’arte sfida la fisica e la passione piega lo spazio, scoprirete che i limiti sono solo l’inizio da cui partire per riuscire ancora a compiere imprese meravigliose, che la bellezza pura nasce proprio dove sembra impossibile farla fiorire. Visitare Melilli e vivere il suo carnevale non è turismo, è pellegrinaggio artistico. Perché esiste un paese in Sicilia dove l’arte non ha bisogno di spazi sconfinati per prendere vita. Ha solo bisogno del vostro stupore per rimanere immortale.

Annalisa Carta


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