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Martedì e Mercoledì al Teatro Comunale di Siracusa va in scena “I due papi”

Sul palco Giorgio Colangeli e Mariano Rigillo, considerati tra i migliori del panorama teatrale italiano

Cosa ha spinto Benedetto XVI, il più tradizionalista dei Papi, alla rinuncia del titolo e a consegnare la cattedra di Pietro al radicale ed empatico cardinale argentino? Da una delle pellicole Netflix più amate e seguite dal pubblico, dal testo teatrale di Anthony McCarten, nella traduzione di Edoardo Erba arriva al Teatro Massimo di Siracusa martedì 21 (ore 21) e mercoledì 22 (ore 17,30) lo spettacolo  “I due papi”, per la regia di Giancarlo Nicoletti. Sul palco Giorgio Colangeli e Mariano Rigillo, considerati tra i migliori del panorama teatrale italiano.

Lo spettacolo si sposterà poi al Taetro Brancati di Catania dove debutterà il 23 novembre alle ore 21 e proseguirà fino al 3 dicembre secondo il consueto calendario repliche della sala catanese. Fra documento storico, humor e dramma, lo spettacolo ripercorre non solo i giorni frenetici che portarono dalla rinuncia di Benedetto all’elezione di Francesco, ma anche le “vite parallele” di due uomini molto diversi, accomunati dallo stesso destino. E, soprattutto, ci racconta la nascita di un’amicizia – speciale e inaspettata – fra due personalità fuori dall’ordinario. Al centro di tutto, una domanda senza tempo: quando si è in crisi, bisogna seguire le regole o la propria coscienza? Nel cast anche Anna Teresa Rossini, Ira Fronten, Alessandro Giova.

L’imponente scenografia che riproduce ora i giardini di Castel Gandolfo, ora la terrazza di San Pietro fino alla Cappella Sistina, affidata a Alessandro Chini, ha ricevuto il premio “Mulino Fenicio” come miglior scenografia.

I due Papi parla, anzitutto, di due uomini e, allo stesso tempo, parla di tutti gli uomini – afferma Nicoletti nelle note di regia -. Parla del potere, di come a volte sia difficile se non impossibile per un solo uomo il fardello delle responsabilità, e ci pone l’interrogativo di quanto, veramente, sia giusto o meno perseverare o se non valga la pena, a volte, scendere dalla propria croce. Parla del rapporto tra l’uomo e Dio, dell’etica, delle aporie e degli interrogativi di ogni giorno della contemporaneità che corre, lasciandoci il dubbio se sia giusto sposare i tempi o ammettere l’esistenza di un che di immutabile ed eterno. Parla dell’essere umano, di quanto possiamo essere grandi e piccoli al tempo stesso, di come il dubbio e la difficoltà del vivere siano uguali a ogni latitudine e in qualsiasi posizione sociale. Credo che in questa universalità risieda il successo e l’apprezzamento trasversale, indipendentemente dal proprio credo, della pellicola di Netflix e, pertanto, il buono di riportare l’operazione al suo luogo di nascita: il teatro. Uno spettacolo, quindi, che vuole poggiarsi su un testo eccezionale e di grande forza, che sa scandagliare l’animo umano restando sapientemente nel campo della commedia. Un’operazione al servizio di due grandi interpreti italiani, provenienti da percorsi diversi, eppure perfettamente adatti a una sfida del genere; un tentativo di regia contemporanea – diretta, di lavoro sugli attori, iconica ma senza sofismi – di gusto internazionale e con un occhio al pubblico, grazie anche alla traduzione del testo di Edoardo Erba e di un impianto scenico di grande impatto realizzato da Alessandro Chiti. Per fare di questo I due papi uno spettacolo vivo, che sappia parlare a tutti e trasportarci in una dimensione altalenante e varia – in quanto a viaggio, dialettica e sensazioni – fra i massimi sistemi del cielo e la concretezza quotidiana della terra”.

 


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