Con il deputato nazionale del Movimento 5 Stelle Filippo Scerra

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Passati un Capriccio: ad Augusta il gourmet per tutti

Spinnu, Pitittu, Sghiribizzu questi tre sostantivi siciliani, difficilmente traducibili, evocano desiderio, piacere e sfizio

Questa è una storia d’amore, di quelle nate ai tempi della scuola. Questa è la storia di Graziano Accolla e Federica Curcio, proprietari del Ristorante Capriccio ad Augusta, che tra i banchi dell’alberghiero si sono innamorati e con il calore dei fornelli hanno alimentato la loro passione comune per la ristorazione. Si prendono per mano, con la spontaneità della loro adolescenza, arrivando insieme a Caltagirone, in un ristorante calatino insignito con una stella Michelin. Coria è la dimora di due fuoriclasse, Francesco Patti e Domenico Colonnetta, allievi di un quel genio indiscusso che è Ciccio Sultano. Sette anni di formazione fatti di sudore e importanti soddisfazioni.

Tra una mantecatura e la composizione di un piatto matura la scelta di lasciare la Sicilia per misurarsi con nuove esperienze. Graziano approda a Milano, nella brigata dello stellato chef Andrea Aprea, che contribuirà ad arricchire la sua formazione iniziata all’Alma sotto la guida di Gualtiero Marchesi. Inesorabile e inaspettata piomba la pandemia, il 2020 segna l’annus horribilis, mette sogni e speranze in pausa soprattutto per chi vive di convivialità e calore umano. Ma Graziano, racconta commosso, non si arrende, si sbraccia e chiede a Federica di fare ennesimo salto insieme, quello più importante. E così mano nella mano, pezzo per pezzo, costruiscono con le loro mani la loro fucina di sapori; curandola con lo stesso amore incondizionato che un padre avrebbe per un figlio. Giovanissimi ma determinati, appena 28 anni entrambi, hanno l’età giusta per questa grande scommessa, giocata in casa. In via Filippo Turati 81, nasce così il Capriccio, protetto tra le case del quartiere Borgata.

Spinnu, Pitittu, Sghiribizzu questi tre sostantivi siciliani, difficilmente traducibili, evocano desiderio, piacere e sfizio. In altre parole? Capriccio. E cos’è se non quell’insaziabile voglia di trovare un appagamento sensoriale? L’odore dell’olio e del pane buono fatto in casa, con Timilia e lievito madre, segue il companatico e riporta la mente a dolci ricordi fatti di nonne e genuinità.

Un equilibrio costante tra opposti che si sposano in un piatto. La fragranza di una focaccia diventa il giaciglio per un gambero rosso, l’acidulo del gel al limone accarezza, senza sovrastare, il crostaceo di Mazara, esaltato da una salsa di puddisino, fresca e profumata. Solo un esempio di quel valzer di sapori che non dimentica la tradizione ma che parte dalla memoria e dalla terra per costruire nuove sintonie. Il cliente che entra al Capriccio stacca con il mondo esterno, si affida al sorriso rassicurante di Federica (sommelier per la FIS), che custodisce i segreti del nettare di Bacco, per iniziare un viaggio emozionale tra la stagionalità dei frutti della terra. Ecco la magia. Quel francesismo gourmet che, sembra essere lontano, roba per pochi, troppo sofisticato per alcuni, torna ad essere familiare nella sua traduzione italiana: buongustaio. Il Capriccio è il ritrovo del buongustaio, di chi ama mangiare bene, di chi apprezza un sorriso e gioisce con un buon calice di vino.

Michela Italia


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