Ci sono mestieri che si scelgono, e altri che ti scelgono. Rosa Marino lo ha capito presto, quando ha messo piede per la prima volta in un’aula. Le sue mani hanno guidato mani incerte a calcare sul foglio le prime lettere, la sua pazienza ha formato più destini di quanto qualsiasi algoritmo potrebbe predire. Quarantadue anni di insegnamento. Cosa significa davvero? La Maestra Rosa sorride – “Significa che ho visto nascere mondi dentro pochi metri quadrati.”
“Ho insegnato con passione e responsabilità,” confida. “I veri maestri non vivono l’insegnamento come un lavoro, ma come una vocazione.” Quarantadue anni in cattedra non si raccontano con una cifra. Si raccontano con uno sguardo, un silenzio pieno di rispetto, un quaderno regalato da una quinta classe, con all’interno calligrafie infantili, disegni, dichiarazioni d’amore che hanno l’odore dolce dei grembiuli stropicciati e dei colori a dita: “Cara maestra, grazie per tutto quello che mi hai insegnato“, e in fondo un cuore rosso disegnato a mano. Un cuore vero, che batte.
La sua seconda casa per quarantadue anni è stata sempre la stessa scuola, Il Plesso “G. Rodari” di Melilli. Le sue aule hanno cambiato forma nel tempo: dai banchi di legno alle lavagne interattive, dai gessetti ai tablet. Ma qualcosa è rimasto uguale: lo stupore di chi scopre qualcosa per la prima volta, quella meraviglia che esplode in un “oooh” sincero, come se il mondo si aprisse un po’ di più, davanti ai loro occhi curiosi.
“Ricordo il silenzio totale quando leggevo una storia ad alta voce – dice riavvolgendo il nastro dei ricordi –. Oggi è più raro: i bambini vivono in un flusso continuo di stimoli. Ma la magia accade ancora, se si ha pazienza.” Rosa Marino non è una nostalgica. È una testimone lucida. Ha visto cambiare il modo di fare scuola, ma non ha mai smesso di crederci.
“Un tempo i genitori e gli insegnanti erano una squadra. Ora, a volte, ci si guarda da fronti opposti. Ma non possiamo arrenderci: i bambini hanno bisogno di sentire che siamo uniti per loro.”
Alla domanda “di cosa hanno davvero bisogno i bambini?”, la maestra Rosa non esita: “Di sentirsi visti. Di sapere che ciò che dicono ha valore. Che la loro immaginazione merita spazio. Ma soprattutto, hanno bisogno di fiducia. Qualcuno che dica loro: tu puoi.”
Mentre parla il suo sguardo si fa acquoso e le sue mani stringono emozioni ancora vive. Chiude per un attimo gli occhi e poi: “Nei miei quarantadue anni in cattedra, ho creduto in ciascuno dei miei alunni. E loro hanno creduto in me. In ognuno ho piantato un seme di consapevolezza – li accoglievo il primo giorno tra i banchi che erano piccoli e impauriti – quando li salutavo all’ultimo anno, quel seme era già germogliato, pronto ad affrontare le successive fasi della vita”.
Nel silenzio di un’aula che ora osserva da lontano, Rosa non insegna più con i registri alla mano, ma continua a farlo nei ricordi, nei gesti che ha trasmesso, nelle parole che ha lasciato. “Un tempo i bambini erano naturalmente predisposti all’ascolto, alla socializzazione, alla lettura. Oggi tutto è più veloce, più immediato,” spiega. “Eppure, la lezione fondamentale rimane immutata: insegnare loro a pensare con la propria testa. Nessun computer può sostituire questo processo.”
La tecnologia può cancellare tutto. Tranne la passione. Tranne quell’istante magico in cui un bambino scopre e impara qualcosa per la prima volta. “Se fosse stato per me, non avrei mai smesso di insegnare”, dice. “Tutto, di quel mondo, mi manca. Le risate improvvise dei bambini, il chiacchiericcio dei corridoi, i loro capricci, perfino i pianti, quei pianti che aspettavano solo uno sguardo, una carezza, una parola per calmarsi.”
Oggi Rosa Marino è in pensione, ma non smette di essere “la maestra”. Lo è nel modo in cui ascolta, accoglie, ricorda. Lo è negli occhi di chi, incontrandola per strada, la saluta con affetto e riconoscenza. Quei bambini di un tempo oggi sono adulti: insegnanti, medici, genitori. “Ogni volta che li vedo – confida – mi sento orgogliosa. Li ho visti crescere, passo dopo passo. E ora li guardo vivere il loro futuro, sapendo di aver camminato con loro fin lì.”
La maestra Rosa non ha insegnato solo grammatica o matematica. Ha accompagnato piccole mani a diventare grandi. Perché ciò che nasce dal cuore non si può programmare e soprattutto, perché l’insegnamento vero non si scrive in codice, ma si imprime nelle mani bambine che imparano a scrivere, a contare e a credere in sé stesse.
Annalisa Carta
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