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Siracusa, “Per non dimenticare il 23 Maggio 1992”. Si è svolto stamane, l’incontro con il Sostituto Procuratore Nicastro

“Ciascuno di noi non deve fare l’eroe, ma solo il proprio dovere. Se riuscissimo a farlo il sacrificio di tanti non sarà invano”. Nelle parole del sostituto procuratore della Repubblica, Antonio Nicastro la sintesi della tavola rotonda che si e’ svolta questa mattina nella sala teatro dell’Istituto paritario “Santa Maria” di Siracusa. “Per non dimenticare il 23 maggio 1992” il titolo dell’incontro per ricordare i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. L’invito del sostituto procuratore e’ stato chiaro: “Non delegittimateci”.

“La Sicilia e’ metafora del mondo”, diceva Sciascia. Mi auguro che i siciliani – ha detto il preside dell’Istituto, padre Filippo Todaro – possano essere metafora nel mondo alla alla lotta alla mafia. Va sfatato il fatalismo: dobbiamo continuare l’opera delle tante persone che hanno perso la vita. Il salone era affollato di studenti che hanno rivolto alcune domande ai due protagonisti, il sostituto procuratore Antonio Nicastro e il dirigente del Commissariato di Polizia di Priolo Gargallo, Beniamino Fazio.

“Il giudice Borsellino e’ stato lasciato solo nella sua lotta – ha detto Nicastro -. Anche se ha avuto chi gli e’ stato accanto, come Emanuela Loi, agente di scorta, che ha scelto di stare accanto a Borsellino, consapevole del rischio. In venti anni tanta strada e’ stata fatta. E’ emerso evidente il rapporto fra mafia e politica. Oggi ancor di più occorrono gli strumenti, non dobbiamo essere delegittimati. Mi riferisco alle risorse economiche per le forze di polizia, mi riferisco alle intercettazioni, mi riferisco a non avere i mezzi necessari per svolgere le indagini”.

“Sono necessarie risorse per il controllo del territorio – ha aggiunto il dirigente Fazio -. Ricordare due figure simbolo della lotta alla mafia, come Falcone e Borsellino, e’ importante soprattutto a chi non ha avuto modo di conoscerle. Ma noi ricordiamo anche tutti gli agenti di polizia e tutti i carabinieri che sono stati uccisi. Sono nomi sconosciuti a ragazzi di vent’anni, ma sono invece i nostri martiri”. “E’ anche questo un momento per fare storia, per reagire insieme al male che ci circonda” ha concluso padre Filippo.

 


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