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In collegamento con Pietro Di Bari, dottorando Università di Palermo, ricercatore del Cnr-Iret e National Biodiversity Future Center

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Sistema Siracusa e falso depistaggio Eni: nuove rivelazioni di Piero Amara a Milano

Per i pm di Milano Amara insieme con altre persone si sarebbero impegnati a difendere la posizione di Descalzi con un finto depistaggio. La società petrolifera intanto con una nota ufficiale afferma di essere "parte lesa"

Denis mi scrive le dichiarazioni che avrei dovuto rendere nel processo a suo carico a Messina per finanziamenti illeciti“. Sono le parole messe a verbale lo scorso dicembre dall’ex legale esterno del “cane a sei zampe”, Piero Amara nell’ambito dell’indagine della Procura di Milano sul falso complotto-depistaggio Eni. Frasi riportate nel decreto di perquisizione eseguito due giorni fa dalla Guardia di finanza e che si riferiscono a un “appunto manoscritto in originale redatto” da Verdini, ex senatore di Ala e consegnato ai pm milanesi dal legale siracusano. E proprio giovedì anche l’ex senatore Verdini è stato oggetto di perquisizione da parte delle fiamme gialle.

Nello scorso dicembre Amara – già arrestato nel 2018 e che ha patteggiato una pena a tre anni – ha fatto altre rivelazioni davanti ai pm di Milano, da cui, nei giorni scorsi sono scaturite una serie di perquisizioni. Al centro i depistaggi nei processi relativi all’Eni e in particolare a Claudio Descalzi, attuale numero uno del colosso petrolifero italiano. Ma il legale siracusano ha parlato anche di presunti interventi illeciti per pilotare inchieste, processi e incarichi statali.

In pratica secondo le indagini portate avanti dalla Procura milanese, condotte dall’aggiunto Laura Pedio e dal pm Paolo Storari, Amara insieme con Alessandro Ferraro, il tecnico petrolifero Massimo Gaboardi, l’avvocato Giuseppe Calafiore, l’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo e, “per conto di Eni”, l’avvocato Michele Bianco e Claudio Granata, capo del personale del Cane a sei zampe, si sarebbero impegnati a difendere la posizione di Descalzi, nel tentativo di intralciare il lavoro della Procura che indagava sul numero uno di Eni per la maxi tangente in Nigeria.

E per farlo avrebbero ordito un complotto, poi rivelatosi del tutto infondato nei suoi confronti, il cui unico scopo era quello di riuscire ad aprire un cosiddetto fascicolo specchio a Siracusa, per a loro volta indagare e comprendere a che punto fossero gli inquirenti a Milano. Ma adesso ci sarebbe molto di più. A partire dal coinvolgimento di attività parlamentari.

Secondo quanto riportato su Repubblica, infatti “per l’avvocato (Amara), “molto di recente, attraverso Denis Verdini, gli è stato nuovamente proposto di scaricare la responsabilità del finto complotto su Massimo Mantovani (ex capo dell’ufficio legale di Eni) e Antonio Vella (ex numero due della società)”. Amara ha affermato che Verdini gli avrebbe ribadito “che qualora avessi parlato della vicenda Eni avrei dovuto sostanzialmente dire che Vella e Mantovani volevano salvare Descalzi ed erano i reali ispiratori della manovre”. L’operazione prevedeva pure un intervento in Parlamento: “Ho incaricato un senatore di Ala, Lucio Barani, presidente del gruppo di Ala, a depositare un’interrogazione parlamentare diretta a costituire una commissione di inchiesta per far luce sul complotto ai danni dei vertici Eni. Ribadisco che l’interrogazione parlamentare era funzionale a far istituire una commissione di inchiesta che si occupasse delle vicende di Milano e di Siracusa“.

Immediata la replica della società petrolifera. “Eni è certa che gli accertamenti della magistratura inquirente, nella cui attività la società ripone assoluta e incondizionata fiducia, consentiranno di ulteriormente chiarire l’estraneità della società alle ipotesi investigative avanzate allo stato. Per quanto riguarda l’ipotesi relativa al cosiddetto “depistaggio”, Eni ribadisce la fermissima convinzione di essere parte lesa“.


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