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Un progetto sul Nero D’Avola dice che “se ne può ridurre il grado alcolico”

È il risultato del progetto InnoNDA (acronimo di Innovazione del nero d’Avola"), guidato dall’aprile 2024 da Assovini Sicilia

Si può ridurre il grado alcolico del Nero d’Avola, per offrirlo a target differenziati di clientela. È il risultato del progetto InnoNDA (acronimo di Innovazione del nero d’Avola”, guidato dall’aprile 2024 da Assovini Sicilia con il supporto scientifico di Daniela Fracassetti e di Ileana Vigentini dell’Università degli Studi di Milano, dei laboratori di Isvea e di quattro cantine: Tenuta Rapitalà, Feudi del Pisciotto, Dimore di Giurfo e Tenute Lombardo.

“InnoNDA è un progetto di ricerca complesso vitivinicolo – afferma Mariangela Cambria, presidente di Assovini Sicilia – ma anche un esempio concreto di come la collaborazione tra imprese e università possa generare innovazione a beneficio di tutto il settore. Il progetto accende un riflettore su alcune difficili problematiche che le aziende del vino siciliane potrebbero trovarsi ad affrontare in futuro. Al contempo, suggerisce alcune soluzioni nell’arena competitiva, senza tuttavia tradire l’identità del vitigno”.  


“Il progetto InnoNDA ha dimostrato la possibilità concreta di ridurre l’alcol nei vini Nero D’Avola, rispondendo così alla crescente richiesta di vini a bassa gradazione e offrendo una strategia efficace per contrastare gli effetti del cambiamento climatico – dice Daniela Fracassetti, responsabile scientifica del progetto – e l’utilizzo delle anfore si è rivelato adatto alla vinificazione del Nero d’Avola, valorizzandone le caratteristiche sensoriali tipiche. Inoltre, le differenze osservate nella composizione dei mosti ottenuti da vigneti di età e provenienza diverse indicano l’importanza del terroir e dell’età delle viti sulla qualità finale del vino. La combinazione tra tecniche innovative, riduzione del tenore alcolico e valorizzazione delle peculiarità territoriali contribuisce ad arricchire la conoscenza sul Nero d’Avola e a rafforzare l’identità della viticoltura siciliana. Visti i risultati promettenti raggiunti in poco più di un anno di attività, è auspicabile proseguire la ricerca per consolidare e approfondire le evidenze ottenute”. 


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