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Autorità portuale di Augusta, il Tar “boccia” un altro affidamento

I giudici etnei hanno dichiarato illegittimo l’aggiudicazione del servizio di selezione, caratterizzazione, classificazione, rimozione, trasporto e smaltimento-recupero dei rifiuti speciali abbandonati nelle aree comuni del sedime del porto di Catania già espletato

Dopo il ricorso accolto dal Tar che di recente ha ritenuta illegittima per eccesso di ribasso d’asta l’aggiudicazione del servizio di pulizia e disinquinamento degli specchi acquei portuali di Augusta e Catania,  un altro affidamento dell’Autorità di sistema del mare di Sicilia portuale, se pur già eseguito, è stato bocciato dal Tribunale regionale amministrativo che  l’ha dichiarato “illegittimo” disponendo il risarcimento in favore della ditta ricorrente. La sezione seconda del Tribunale di Catania, riunitasi in Camera di Consiglio il 18 gennaio 2024 con l’intervento dei magistrati Daniele Burzichelli (presidente) Gustavo Giovanni Rosario Cumin, consigliere, Emanuele Caminiti, referendario, ha esaminato il ricorso proposto da La Portuale II soc. coop.,  che chiedeva  l’annullamento della determina del segretario generale dell’Adsp del 15 febbraio 2023 relativa all’affidamento del servizio di selezione, caratterizzazione, classificazione, rimozione, trasporto e smaltimento-recupero dei rifiuti speciali abbandonati nelle aree comuni del sedime del porto di Catania in favore della Dusty.

L’anno precedente con un’ indagine di mercato dell’agosto 2022 l’Adsp aveva indetto la procedura di selezione per il conferimento del servizio a cui avevano partecipato solo due ditte, la ricorrente e l’aggiudicataria dell’appalto per la somma di 93.706 euro. Secondo quanto previsto dall’avviso, gli operatori economici dovevano presentare l’offerta economica “a corpo”, previo sopralluogo sull’area d’intervento, entro il 19 settembre 2022. Il 28 novembre 2022 l’Autorità portuale chiedeva di aggiornare e revisionare l’offerta  all’aggiudicataria che,  con nota del 2 dicembre 2022, oltre dunque il termine per la presentazione delle offerte, revisionava e aggiornava per un importo minore pari a 77.251 euro, comprensivo degli oneri di sicurezza. Quindi l’aggiudicataria trasmetteva  in sostituzione della precedente una nuova offerta  risultando, secondo la società che ha presentato ricorso,  “violati i principi di imparzialità, di tutela dell’affidamento e di parità di trattamento tra i concorrenti, nonché il più generale principio dell’autovincolo, che impedisce la disapplicazione della disciplina di gara”.

L’ amministrazione  dell’Ente portuale si  è difesa dicendo  che “dopo l’avvio della procedura alcuni proprietari delle attrezzature abbandonate hanno provveduto al loro recupero, determinando una significativa riduzione del materiale da raccogliere e conferire in discarica e ciò ha indotto l’amministrazione a invitare l’aggiudicataria a rimodulare la sua offerta”, e che  “l’avviso (art. 7, che richiama l’art. 106, primo comma, lettera e, del decreto legislativo n. 50/2016) prevedeva un meccanismo di modifica contrattuale in aumento e nel caso di specie si sono verificate condizioni che hanno giustificato la modifica concordata, seppure in diminuzione”.

La  modifica però, secondo il collegio, non si poteva fare: “in tema di appalti pubblici ciò che caratterizza l’appalto a corpo è che il prezzo viene determinato in una somma fissa ed invariabile, che non può subire di regola modifiche in relazione alla quantità o alla qualità delle prestazioni effettivamente eseguite; – si legge nella sentenza- tale somma risulta dal ribasso offerto dall’operatore economico sull’importo a base d’asta, sicché elemento essenziale è solo tale valore finale e non anche le voci di costo che hanno concorso a determinarlo; nessuna delle parti può pretendere una modifica del prezzo pattuito in relazione ai servizi effettivamente eseguiti;  il rischio di eventuali aumenti nella quantità rispetto a quella prevedibile sono posti a carico dell’appaltatore, rientrando nella normale alea contrattuale, così come il rischio inverso è posto a carico della stazione appaltante”.

E ancora: “è escluso, tuttavia, che, intervenuta l’aggiudicazione, si possa dar luogo, in punto di fatto, ad una nuova procedura riservata in via esclusiva ad un solo operatore (il precedente aggiudicatario) al fine di rideterminare il contenuto del servizio (cioè l’invito ad offrire della stazione appaltante) e, conseguentemente, l’offerta”. Pertanto, il collegio ritiene che l’amministrazione avrebbe dovuto “disporre la revoca della precedente procedura, in ragione delle obiettive e significative sopravvenienze che già sono state menzionate, e procedere ad un nuovo affidamento concorrenziale”.

Ogni altra questione, a giudizio della sezione, resta assorbita, in quanto appare irrilevante che nella nuova offerta presentata dalla controinteressata i prezzi unitari siano o non siano rimasti invariati, in quanto la procedura seguita dalla stazione appaltante “risulta comunque illegittima, con conseguente illegittimità dei provvedimenti adottati al suo esito”– concludono i giudici del Tar che hanno accolto il ricorso introduttivo per quanto attiene alla dichiarazione di illegittimità della determina del segretario generale dell’Autorità di sistema portuale del mare di Sicilia orientale, non residuando alcun interesse al vero e proprio annullamento di tale atto, poiché il servizio è stato ormai espletato, condannando l’Adsp al risarcimento del danno in favore della ricorrente per un importo pari ad 3.236 euro, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

Le  spese di giudizio  sono compensate  fra la ricorrente e la controinteressata, l’Adsp è stata inoltre condannata alla rifusione delle spese di lite in favore della parte ricorrente, liquidate in complessivi 2.000 euro oltre accessori di legge se dovuti.


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