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Elezioni a Siracusa. Chi vince e chi perde le Amministrative: l’analisi del voto

Nessuno, forse, si aspettava una vittoria così ampia. Italia ha vinto con una strategia rischiosa che ha incrementato i suoi nemici in politica, ma il carisma nei confronti della città ha prevalso rispetto a una coalizione, quella di centrodestra, che si è rilevata poco squadra

Francesco Italia ha vinto. Ha vinto con una percentuale inaspettata per molti, con 21.501 voti, pari al 55,39 % dei votanti, lasciando Ferdinando Messina a 17.318 voti, pari al 44,61%. Nessuno, forse, si aspettava una vittoria così ampia. Italia ha vinto con una strategia rischiosa che ha incrementato i suoi nemici in politica, ma il carisma nei confronti della città ha prevalso rispetto a una coalizione, quella di centrodestra, che si è rilevata poco squadra. E ha pagato tradimenti e veleni interni. Cerchiamo però di capire chi ha vinto e chi ha perso queste elezioni, partendo dal nuovo sindaco.

CHI HA VINTO

Francesco Italia. È indubbio. Al primo turno ha battuto gli avversari con un +6 personale rispetto alle liste a supporto con la “Francesco Italia sindaco”. Ha litigato (di nuovo) con l’ex amico Giancarlo Garozzo e con il direttivo del Partito democratico. Ha scelto Edy Bandiera quale compagno di viaggio e ha indovinato, puntando tutte le fiches sui voti degli elettori del Pd e su quelli Garozziani, senza apparentamento. Innervosendo le altre due compagini che erano partite in campagna elettorale con due idee diverse: l’ex primo cittadino aveva deposto l’ascia di guerra al primo turno, per dissotterrarla al secondo. Il Pd ha basato il primo turno sul nemico (Italia) da battere, poi lo ha definito di centrodestra, quindi “imbarazzante” e infine si aspettava il corteggiamento. I sostenitori del sindaco hanno deciso di respingere ogni possibilità di accordo costringendo il sindaco, già riluttante, ad abbandonare i democratici nonostante le colombe a lavoro. Italia ha vinto staccando l’avversario di oltre 4 mila voti, tantissimi. Adesso però avrà la minoranza in Consiglio comunale e dovrà lavorare tanto per pacificare. Lui lo sa, ma non gli viene facile.  L’auspicio è che ascolterà le critiche di chi vuole solo il bene per la città senza secondi fini senza pensare di essere l’unico detentore della verità. “A viso aperto” dovrà affrontare pure chi la pensa diversamente. C’è chi lo ha votato a secondo turno, non preferendolo al primo, definendolo “il male minore”. Ecco, il sindaco non deve essere il male minore, ma il miglior sindaco possibile. Di tutti. Ha dalla sua il fidato Michelangelo Giansiracusa, uno che prova a mettere pezze ovunque. Il miglior capo di Gabinetto cui possa mai fare affidamento. Italia deve saper smussare quegli angoli spigolosi che pure i suoi amici gli contestano o il rischio è di vedere la sua amministrazione durare meno di 5 anni, con un Consiglio comunale più intelligente del precedente.

Edy Bandiera. “Ho sbagliato a criticare la rinnovata piazza della Repubblica, l’ho detto a Francesco al nostro primo incontro e ho ammesso l’errore”. Edy Bandiera ha abbandonato il centrodestra e, in attesa di capire se entrerà in Azione, ha cominciato la sua attività di pacificazione con il sindaco uscente riconoscendo il suo errore di valutazione proprio durante il festeggiamento. Anche Bandiera ha rischiato, perché avrebbe potuto essere assessore di Ferdinando Messina già a primo turno e forse avrebbe portato la coalizione alla vittoria diretta. Non c’è una controprova. Bandiera voleva essere il candidato sindaco, non è stato preferito e ha deciso diversamente, voltando le spalle ai suoi ex compagni di viaggio (o viceversa). Il suo obiettivo in prima battuta era quello di non far vincere Messina ed entrare in Consiglio comunale con una lista, recuperando quasi 3 punti percentuali rispetto alla coalizione. Ha lasciato Forza Italia nel momento più buio del partito, quello che verrà, e probabilmente più burrascoso. Non è mai stato particolarmente amato e questo sentimento era reciproco. Ha deciso di fare il vice di Italia ma ha un carattere e un passato ingombrante, se saprà trovare la quadra con il primo cittadino potrebbe essere una bella squadra, altrimenti un boomerang.

Fratelli d’Italia. Hanno detto sì a Messina anche per avere Bufardeci futuro candidato alla Provincia, ma non si sono tirati indietro nel sostegno al candidato di Forza Italia. Portano in aula 5 consiglieri comunali che si sono spesi per la coalizione conquistando oltre 2.500 preferenze. Il primo partito in Italia, il primo partito a Siracusa. Non sono riusciti a tenere unita la coalizione, e deve essere questo il primo pensiero proprio per quelle elezioni provinciali cui tengono tanto e alle quali l’ex sindaco di Siracusa potrebbe partecipare in prima persona. Disuniti non si vince, ma si porta a casa un buon risultato.

Popolari e Autonomisti e Giovanni Cafeo. La prima lista era la favorita, “un listone” alla prova delle urne. E confermarsi tale non è facile, merito anche di un super Sergio Bonafede che ha sfiorato quota mille preferenze. C’è chi ha visto in loro un certo disinteresse nei confronti del candidato Messina (a esclusione del coordinatore comunale Roberto Di Mauro) e potrebbero essere i principali antagonisti di Fratelli d’Italia alle Provinciali. La lista di Cafeo (e Foti) invece, non era scontato che superasse lo sbarramento. Non c’erano nomi altisonanti sopra i 500 voti ma tanti buoni giocatori. Era una squadra, che ha lavorato per la squadra. E a Cafeo gli si può riconoscere questo: ha creato un bel gruppo, anche dialogante. Sarà interessante verificare come si comporteranno in Consiglio comunale.

CHI HA PERSO

Messina e Forza Italia. Ferdinando Messina non era il nome altisonante che il centrodestra si aspettava. Stefania Prestigiacomo lo ha detto: “eravamo sicuro che fosse Bufardeci”. Ma l’ex sindaco aveva detto no in tempi non sospetti, il tavolo provinciale per trovare il sostituto è imploso e si è dato mandato al tavolo regionale. Che ha scelto Messina su indicazione del deputato forzista Gennuso portando per tre volte il presidente della Regione Renato Schifani a Siracusa per mettere il cappello sull’investitura ufficiale. Ferdinando Messina è un buon amministratore, lo ha dimostrato da assessore al centro storico e da consigliere comunale ma nell’1 contro 1 ha perso perché Italia è più carismatico, più empatico, e lo sapevano tutti. Perso il primo turno causa Bandiera (anche) era in svantaggio, sembrava avesse recuperato negli ultimi giorni con i candidati al Consiglio che spingevano per l’elezione. Non è stato così. Forza Italia non ha… forza in città. Il deputato di riferimento è di Rosolini (Riccardo Gennuso), in Consiglio è stato eletto un altro rosolinese (il fratello, Luigi Gennuso). Il coordinatore provinciale è l’ex sindaco di Noto, Corrado Bonfanti. Con la morte di Silvio Berlusconi, il disinteresse locale di Stefania Prestigiacomo e la fuoriuscita di Gianfranco Micciché a livello regionale saranno mesi duri. Messina paga anche scelte sbagliate sulla Giunta. Gli assessori designati a primo turno erano Giuseppe Napoli, Paola Consiglio, Giuseppe Impallomeni, Alfredo Foti, Salvatore Castagnino, Vincenzo Vinciullo, Giovanni Boscarino e Corrado Rizza. Certo, nomi non nuovi della politica per uno che si presentava come alternativa. Al “peccato originale” hanno aggiunto un secondo errore: il rimpasto dopo 10 giorni e a seguito degli apparentamenti (Giuseppe Napoli, Paolo Romano, Rita Di Pietro, Gianni Boscarino, Alfredo Foti, Pippo Impallomeni, Salvo Russo, Michele Mangiafico e Mauro Basile) che hanno messo dalla parte di Messina tanta vecchia politica. E forse anche questo ha disturbato l’elettorato.

Vinciullo, Bonomo e Mangiafico. Vinciullo ancora una volta resta senza un ruolo politico-amministrativo, nonostante un discreto risultato di lista che però non supera lo sbarramento. Non è più il Vinciullo che è stato deputato regionale, continua a perdere le elezioni e a prendere decisioni sbagliate. Non era felice della gestione pre elettorale della candidatura di Messina, ha ingoiato un rospo che forse non voleva ingoiare ed è andato avanti. Potrebbe essersi concluso il suo tempo politico. Mario Bonomo ha perso tre volte: prima la sfida con il nemico Carta (i Popolari la terza lista, Grande Siracusa sotto il 5%), poi sulla scelta di Giancarlo Garozzo, infine su quella di Ferdinando Messina con relativo assessore designato. Rimandato in strategia politica. Michele Mangiafico, invece, è più deluso che perdente. Il contenitore ideale è quello di centrodestra, come dimostra il suo passato. Ha sperato nella lista Civico 4 considerandola una sorpresa, invece ha avuto una buona affermazione personale (456 voti) e nulla più. Troppo poco per fare il sindaco, il gruppo è ancora da coltivare ma dovrà confluire in un partito se vuole essere protagonista alle prossime elezioni. Ci ha provato schierandosi con Messina a secondo turno, non ha funzionato. E forse ai suoi non è piaciuto. Lui ha già detto di non voler abbandonare la politica e il suo gruppo.

Pd e M5S. Il Movimento 5 Stelle è scomparso dal Consiglio comunale, reggerà finché avrà Conte leader a livello nazionale e resisterà forse anche alla Regione, ma a Siracusa non c’è una classe dirigente. La dovrà rifondare il nuovo commissario provinciale Fabio Fortuna cui spetta un ruolo molto difficile, con la presenza ingombrante degli ex deputati Stefano Zito e Paolo Ficara. Il M5S torna indietro di 10 ani, quando verificava gli atti amministrativi dall’esterno. Il Partito democratico continua a sbagliare, preda delle correnti. Il segretario provinciale Salvo Adorno ha lasciato per problemi di salute causati anche dalle liti interne. Il segretario cittadino Santino Romano è stato tra i principali oppositori di Italia, il commissario provinciale e senatore Antonio Nicita è troppo distante dalle dinamiche siracusane per poterle gestire. All’interno del Pd ci sono anime diverse e questo forse è il momento di cambiare. C’è chi li chiama i vecchietti del “Bar lume” ed è pronto a prenderne il posto (vedi quel Francesco Favi ringraziato da Italia). C’è chi ha deciso di schierarsi contro la direzione cittadina con un chiaro endorsement a Italia (Tiziano Spada), chi è stato silente sostenitore del sindaco uscente (Paolo Amenta). E poi c’è chi ha scelto di non scegliere lasciando libertà di voto. Renata Giunta alla prima esperienza politica riesce a prendere 2,5 punti percentuali in più rispetto alla coalizione, poi è scomparsa. Poi è riapparsa per dire no a Italia e a Messina ritenuti uguali. Bisogna capire quale sarà il suo ruolo, se meteora (probabile) o leader della coalizione. Non hanno dato indicazioni di voto spingendo per la scheda bianca ma l’elettorato del Pd, fuori dall’ufficialità, ha scelto Italia. E parte del Pd vuole dialogare con il sindaco.

AGO DELLA BILANCIA

Giancarlo Garozzo. Avremmo voluto inserirlo tra gli sconfitti (ha perso a primo turno, con un disgiunto contro importante) e al ballottaggio ha scelto di schierarsi con Messina. Ma con questa decisione ha bloccato di fatto il premio di maggioranza e cristallizzando il Consiglio comunale. “È politica“, ha commentato dopo aver contestato il modus operandi di Francesco Italia sul versante apparentamenti. Ma la politica, e l’ex sindaco lo sa bene, è fatta anche da quei consiglieri comunali che spingono per l’elezione del candidato della propria coalizione per far scattare il premio di maggioranza. E invece se da un lato ha impedito che tre liste (Italia sindaco, Noi per la Città e Bandiera sindaco) conquistassero 19 consiglieri, dall’altro ha fatto sì che tutti fossero certi del proprio ingresso in aula e quasi disinteressati al ballottaggio. Garozzo è in politica da anni, lo immaginava. Come immaginava che una grossa fetta del proprio elettorato non avrebbe votato Messina e che un’ammucchiata di 11 liste non lo avrebbe obbligatoriamente favorito. Volente o nolente, ha fatto un regalo a Italia per il ballottaggio, e al centrodestra in Consiglio.


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