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Il Pm Longo contrattacca: “ho colpito interessi consolidati a Siracusa”. E ancora: “i colleghi che contro di me hanno presentato l’esposto dove si parla di comitati d’affari mi vogliono “morto”, due in particolare”

Accuse gravi su cui si sente in dovere di intervenire l'avvocato Bruno Leone che - legale in alcune vicende legate ai cosiddetti "Veleni al Vermexio" - manifesta il suo stupore nel constatare che un magistrato di grande esperienza scelga di difendersi attraverso la stampa anziché all'interno del processo, sede naturale di confronto tra accusa e difesa, dove le regole della dialettica sono adeguatamente regolamentate

Mi trovo al centro di un complotto: evidentemente ho colpito interessi consolidati a Siracusa”. Le parole molto dure, sono state riferite dal Pm Giancarlo Longo e riportate nei giorni scorsi sulle pagine de La Sicilia in un articolo firmato da Laura Valvo. Il magistrato, iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Messina, si lascia andare a una difesa a tutto tondo, in cui emerge soprattutto questa tesi del complotto condito dal pregiudizio dei colleghi peloritani nei suoi confronti. E non solo. Longo dice di non essere a conoscenza di esposti presentati dai suoi colleghi (siracusani in questo caso, 8 per la precisione) aggiungendo perfino che “i colleghi che contro di me hanno presentato l’esposto dove si parla di comitati d’affari mi vogliono “morto”, due in particolare. Ma gli unici comitati d’affari li ho visti al Comune”.

Il sostituto procuratore, che ha fatto richiesta di trasferimento prima a Genova (non accolta) e adesso a Roma (in attesa del pronunciamento del Csm) ripercorre tutte le vicende trattate – dal servizio idrico a Villa Rizzo, da Open Land a Princiotta fino a Cisma, su cui riferisce di non avere alcun legame con i consulenti – ammette di essere stato invitato al convegno Aprom di Avellino ma di non aver partecipato chiedendo anzi il rinvio a giudizio su tutte le cause che riguardano l’avvocato Giuseppe Calafiore e infine contrattacca: “mi sono occupato di fascicoli importanti che mi hanno tolto – conclude –. Mi hanno fatto fuori. Ma non faccio parte dei poteri forti. Ci sono colleghi nati e vissuti a Siracusa che frequentano gli avvocati del Comune. Messina dovrebbe occuparsi di loro”.


Accuse gravi su cui si sente in dovere di intervenire l’avvocato Bruno Leone che – legale in alcune vicende legate ai cosiddetti “Veleni al Vermexio” – manifesta il suo stupore nel constatare che un magistrato di grande esperienza scelga di difendersi attraverso la stampa anziché all’interno del processo, sede naturale di confronto tra accusa e difesa, dove le regole della dialettica sono adeguatamente regolamentate. “Utilizzare il mezzo della stampa per divulgare le proprie argomentazioni senza che il lettore abbia avuto contezza delle accuse che gli vengono mosse, potrebbe essere fuorviante, comunque è un fuor d’opera – dice -. Lamentarsi di essere “accostato a tante vicende” senza dire a quali, è fin troppo evasivo e generico. Elencare alcune inchieste che ha seguito, non ha senso; potrebbe anche essere che gliene sia sfuggita qualcuna, rilevante ai fini della inchiesta che lo riguarda; non mi soffermo sul resto delle dichiarazioni e non perché le condivida, ma perché, a tutto volere concedere, sono affette dallo stesso vizio delle precedenti”.

Ma Leone esprime sgomento per il fatto che il magistrato riferisca che due dei colleghi che hanno presentato l’esposto lo “vogliono morto“. “Se ha deciso di difendersi attraverso la stampa, è bene che sia consequenziale: indichi i nomi, le ragioni e le circostanze a sostegno di questa gravissima affermazione – aggiunge l’avvocato – Quali sono i comitati di affari che ha visto al Comune? Se è in grado di dirlo lo faccia in maniera circostanziata, altrimenti rischia di ingenerare nella opinione pubblica un grave allarmismo che può essere destabilizzante. Chiarisca a cosa si riferisce quando parla di frequentazioni di magistrati con avvocati del Comune. Quali fascicoli importanti gli sono stati tolti; visto che ne parla, ha l’obbligo di riferirne compiutamente. Per i non addetti ai lavori è bene che chiarisca chi ha il potere di togliere i fascicoli al sostituto Procuratore”.

Ove vere tutte queste circostanze, il legale siracusano si chiede perché non le abbia riferite pubblicamente e dettagliatamente, replicando alla nota del Procuratore Generale con la quale si rassicurava l’opinione pubblica sulla correttezza della conduzione della Procura della Repubblica di Siracusa perché se il Procuratore Generale Salvatore Scalìa avesse avuto il minimo sentore anche di una sola delle vicende accennate da magistrato Longo, sarebbe certamente intervenuto.


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