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“Pochi agenti e troppi detenuti”, la Cgil spiega le criticità all’interno degli istituti penitenziari della provincia di Siracusa

Altro punto critico a detta della Cgil è la cosiddetta sezione dinamica, che altro non è che l'apertura delle camere detentive, con la possibilità dei detenuti di circolare liberamente all'interno della sezione potendo andare da una camera all'altra

La Cgil denuncia gravissime problematiche presenti negli istituti penitenziari della provincia di Siracusa a partire dalla mancanza di personale di Polizia Penitenziaria negli istituti. Nello specifico sarebbero circa 60 le unità in meno nella casa di reclusione di Augusta, 40 in quella di Siracusa e 20 a Noto. “Se a questo aggiungiamo che il numero dei detenuti è più del doppio della capienza che gli istituti possono contenere – dice Argentino, della Fp Polizia penitenziaria di Siracusa – si ha il quadro completo e drammatico dell’attuale situazione.”

Una situazione che per l’organizzazione sindacale non inciderebbe solo sul carico di lavoro del singolo agente, ma tocca anche, e soprattutto, l’aspetto del cosiddetto sistema di recupero sociale del detenuto che, a parere della Cgil rimane lontano dall’essere realmente applicato. “Nota positiva – prosegue la nota della Cgil – si riscontra nella casa di reclusione di Noto, Diretta dalla Dott.ssa Zito, che, nonostante la carenza di organico, offre ai detenuti lavorazioni, (tessitoria, falegnameria, fabbri), con l’impiego di circa 140 persone retribuite come fosse una quasi continuità con la società esterna, applicando le regole ed i diritti del lavoro che da ciò ne derivano, e controllata da una commissione cui fanno parte sindacalisti, delegato del centro per l’impiego , Funzionario di servizio Sociale U.E.P.E. il Direttore, il Comandante di reparto, il Dirigente Medico, e la Responsabile dell’area educativa.”

Come componente della commissione, l’esponente sindacale ha chiesto al Direttore un sempre maggiore impegno per l’ampliamento della forza lavoro nella struttura, affinché le unità di detenuti non lavoranti siano sempre più un numero limitato. “Ma, al di là di questa nota positiva, in generale – prosegue -, la mancanza di personale negli istituti, non dà, nel concreto, la possibilità di un controllo efficace sul sistema di ordine e sicurezza che è alla base di qualsiasi iniziativa di recupero, così come la mancanza di figure specialistiche che, se presenti, sono in numero limitato ed orario ridotto rispetto ad un reale e proficuo lavoro sul detenuto. I suicidi dei detenuti, sono anche figli di questa crisi; certamente si innescano anche altre problematiche di natura psicologica e psichiatrica”.

Altro punto critico a detta della Cgil è la cosiddetta sezione dinamica, che altro non è che l’apertura delle camere detentive, con la possibilità dei detenuti di circolare liberamente all’interno della sezione potendo andare da una camera all’altra. “Ed è in questo contesto che si possono verificare le sopraffazioni dei soggetti più forti a danno di quelli più deboli – spiega Argentino -, e, per certi aspetti questa “apertura” non è che abbia trovato tanto entusiasmo da parte di taluni detenuti, se non da quelli che, in questo contesto, hanno trovato quella possibilità di recupero aggregativo tale da creare gruppo di egemonia all’interno della sezione che, del resto fa il pari con la mancanza di organico e quindi di controllo capillare sulla vita sociale dei detenuti all’interno degli istituti.”

In questo contesto, come spiega il sindacato, sono aumentate anche le aggressioni fisiche e psicologiche nei confronti del personale di polizia penitenziaria. Questo per la Cgil indica che non vi è più un rapporto di forza equilibrato per cui alcuni soggetti aggressivi che “trovano campo libero per sfogare la loro rabbia ed assumere una posizione di rispetto e predominio all’interno dell’istituto penitenziario. Per la soluzione di questa problematica non ci sembra sia stato fatto molto da parte dell’amministrazione e quel poco non ha dato, a parere di questa O.S. i risultati sperati. Apprendiamo che il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria vorrebbe verificare la fattibilità e la possibilità di poter far rimanere in servizio, su base volontaria, il personale di polizia penitenziaria oltre i 60 anni, fino a 62 anni. Certamente allo stato è solo uno studio – conclude la Cgil -, ma, questo ci da il senso di profonda crisi che sta vivendo il sistema penitenziario. Invero il sistema penitenziario Italiano è un malato a cui nessuno sa, o vuole dare la giusta terapia.”


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