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Siracusa, Ragusa e Catania: la Camcom del Sud Est resta a tre. Dichiarata l’illegittimità costituzionale della riorganizzazione

Anticostituzionale l’emendamento inserito nel Decreto Sostegni Bis approvato il 16 luglio 2021. In sintesi: non poteva essere in quel decreto riferito al sostegno alle imprese ma doveva seguire tutt'altro iter

La Camera del Sud Est resta a tre con Catania, Siracusa e Ragusa. Lo ha sancito la Corte Costituzionale con la sentenza 215/2023, firmata dal neo presidente Augusto Antonio Barbera, che ha ritenuto anticostituzionale l’emendamento presentato da Stefania Prestigiacomo inserito nel Decreto Sostegni Bis approvato il 16 luglio 2021. In sintesi: l’emendamento non poteva essere inserito in quel decreto riferito al sostegno alle imprese ma doveva seguire tutt’altro iter.

L’ex parlamentare prevedeva l’istituzione – anche mediante accorpamento e ridefinizione delle circoscrizioni territoriali delle Camere di commercio esistenti – di due nuove Camere e in particolare quella di Catania e quella di Ragusa, Siracusa, Caltanissetta, Agrigento e Trapani e stabiliva inoltre che, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con il presidente della Regione Siciliana, sarebbe stato nominato un commissario per ciascuna. La Corte ha evidenziato il contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, poiché si tratterebbe di una norma-provvedimento che “avrebbe irragionevolmente modificato l’ordinamento delle CCIAA siciliane“. La transitorietà della disposizione – destinata a operare nelle more della riorganizzazione – e la conseguente successione di scelte organizzative contrastanti “determinerebbero anche la violazione del principio di buon andamento“. Infine, si legge nella sentenza, il riordino previsto dalla disposizione censurata – in quanto adottato unilateralmente dallo Stato, in assenza del necessario coinvolgimento della Regione Siciliana – “violerebbe il principio di leale collaborazione”.

La Corte ha affermato l’esigenza di preservare l’ordinaria funzionalità del procedimento legislativo che permette una partecipazione parlamentare più efficace di quella consentita dall’iter, peculiare e contratto, della legge di conversione e “ciò si pone in armonia con l’ulteriore giurisprudenza di questa Corte sull’uso improprio e strumentale del decreto-legge, volta ad evitare deviazioni dal sistema costituzionale delle fonti normative e dalla centralità che è propria della legge ordinaria“. Ne consegue il divieto, in sede di conversione, di alterare “l’omogeneità di fondo della normativa urgente, quale risulta dal testo originario”, poiché “l’inclusione di emendamenti e articoli aggiuntivi che non siano attinenti alla materia oggetto del decreto-legge, o alle finalità di quest’ultimo, determina un vizio della legge di conversione”.

Dall’esame della genesi, del contenuto e della ratio della disposizione censurata emerge, quindi, la sua “palese estraneità rispetto ai contenuti e alle finalità del decreto-legge in cui la stessa è stata inserita”. Manca in pratica il nesso funzionale tra le disposizioni del decreto-legge originario e quella introdotta, con emendamento, in fase di conversione. Fatto peraltro già sottolineato dal Presidente della Repubblica nella lettera inviata il 23 luglio 2021 ai presidenti del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati e al presidente del Consiglio dei Ministri, in occasione della promulgazione della legge di conversione.

L’intervento infatti non è stato considerato, come sosteneva la difesa dello Stato, in termini di misura temporanea di sostegno ai settori produttivi maggiormente colpiti dall’emergenza epidemiologica da Covid-19. La disposizione censurata introduce infatti una nuova configurazione delle Camere di commercio siciliane, in vista della definitiva riorganizzazione del sistema camerale siciliano, da realizzare “nel rispetto degli indicatori di efficienza e di equilibrio economico nonché del numero massimo di camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura” e si prefigge una finalità di carattere ordinamentale: prescindeva dunque dall’emergenza pandemica e non si poneva nell’ottica di interventi temporanei di sostegno alle imprese. Per questo motivo è dichiarata l’illegittimità costituzionale.


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