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Toxicily, il docu-film che parla di industrializzazione e morte. Il regista risponde alla polemica delle Saline di Priolo

Il documentario è stato già presentato in sala

“Le immagini non sono un fatto, le cose importanti sono altre: la salute delle persone”. Così Alfonso Pinto, uno dei registi di Toxicily, risponde alla polemica sollevata Fabio Cilea, della Saline di Priolo, a proposito dello scheletro-zombi di un fenicottero accanto nella locandina del docu-film.

Ma forse, ai fini della realizzazione della pellicola, poco sarebbe valso il racconto di una piccola oasi all’interno di Priolo. Le immagini, infatti, raccontano tutt’altro: la difficoltà di vivere accanto a un polo petrolchimico, la paura di lasciare la propria terra, e le battaglie di coloro che non ci stanno a rimanere in silenzio e, nel proprio piccolo, conducono battaglie da anni. In primis Don Palmiro Prisutto che, in chiesa, legge i nomi delle vittime di cancro.

Il documentario Toxicily (Francia-Italia, 2023, 75’), già arrivato in sala, è stato realizzato dal regista francese Francois Xavier Destors e dal geografo e fotografo palermitano Alfonso Pinto, il film è prodotto da Elda Productions (Francia) e Ginko Film (Italia) con il sostegno di Eurimages, del fondo Francia Italia CNC MIC, Sicilia Film Commission e Rai Cinema, e il patrocinio di Legambiente.

A settant’anni dall’arrivo delle prime raffinerie, i due autori esplorano i temi del sacrificio ambientale e sanitario, restituendo la pluralità dei punti di vista degli stessi abitanti: se questa impresa industriale ha permesso di superare le miserie di un’economia agricola precaria, trasformando pescatori, contadini e pastori in operai, ha creato però un’emergenza sia sanitaria, con aumento di malattie e malformazioni, sia ambientale, con l’inquinamento.


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