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Contenzioso tra Siracusa e Melilli: 700 mila euro in ballo da 20 anni per lo smaltimento rifiuti nella discarica di Cardona. Ma è tutto da rifare

Diciannove anni di attesa, eppure il contenzioso tra i Comuni di Siracusa e di Melilli non è ancora definito. Dopo 19 anni spetterà al tribunale civile valutare la questione

Diciannove anni di attesa, eppure il contenzioso tra i Comuni di Siracusa e di Melilli non è ancora definito. Dopo 19 anni spetterà al tribunale civile valutare la questione.

Il Comune di Siracusa aveva infatti citato in giudizio l’ente industriale per recuperare oltre 700 mila euro. La storia prende il via il 9 dicembre 2003, quando a seguito della decisione del prefetto di allora, si autorizzò lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani di Melilli nella discarica siracusana di contrada Cardona. In realtà non è stato l’unico Comune a conferire fino al 18 aprile 2005, ma gli altri enti hanno già pagato il dovuto mentre questo resiste ancora.

Ed è stato chiamato in giudizio da Palazzo Vermexio che chiede 706.171,78 euro a titolo di compenso per l’intervenuto smaltimento, appunto. In realtà già nel 2006 il Tribunale di Siracusa emanò un decreto ingiuntivo a Melilli per il pagamento del dovuto, ma a maggio dello stesso anno quest’ultimo propose opposizione deducendo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e l’insussistenza della pretesa del credito, chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo.

Revoca che avvenne proprio per difetto di giurisdizione, così nel 2009 ecco un nuovo appello, stavolta davanti la Corte di Appello di Catania, chiedendo di rimettere la controversia al giudice di primo grado. E ancora una volta Melilli ripropone le censure sulla pretesa creditoria.

Nel 2014 la Corte di Appello ha rigettato la posizione del Comune di Siracusa ritenendo la giurisdizione del Tar e l’ente municipale di piazza Duomo ha deciso di proporre il ricorso al Tribunale amministrativo. Adesso il Tar ha  dichiarato inammissibile il ricorso specificando di avere un potere generale di annullamento e un potere di disapplicazione soltanto in presenza di atti normativi, mentre il giudice ordinario ha un potere generale di disapplicazione e un potere di annullamento soltanto nei casi previsti dalla legge ed è stato pure duro nella disamina: “Emerge evidente come, a oltre 6 anni dall’inizio della presente controversia e a oltre 20 anni dall’emanazione del predetto atto dirigenziale – si legge nel provvedimento – ci si trovi a discorrere di aspetti meramente patrimoniali del rapporto che, al più, potrebbero riguardare la corretta quantificazione delle somme dovute in ragione dei documenti prodotti dalle parti, il cui perimetro rimane circoscritto nell’alveo di una fase meramente esecutiva del rapporto, involgendo la quantificazione della prestazione, da una parte (senza alcun aspetto autoritativo, ma ricognitivo), e la correlata controprestazione dall’altra. La vicenda, dunque, per come articolata in atti, non può essere ricondotta né alla giurisdizione generale di legittimità né ad alcuna delle ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Per tutte le superiori ragioni deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, davanti al quale il processo potrà essere riproposto”.

Quasi 20 anni dopo si riavvolge il nastro e si ricomincia: adesso, per evitare nuovi inutili balletti, ci si attende un’eventuale richiesta in Cassazione per avere certezza sull’effettiva giurisdizione, oppure un accordo tra i due enti che possa portare a un accordo tra le parti in merito alla somma da riconoscere. Che magari non saranno più 700 mila euro, ma almeno si eviterà di attendere altri 20 anni.


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