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Impianto fotovoltaico mai realizzato ad Augusta per inerzia della Regione. Il Tar di Catania: “risarcire la società”

Il tribunale amministrativo regionale ha accolto il ricorso della Green energy condannando la Regione alle spese di giudizio in favore della società, mentre il danno dovrà essere quantificato

Ha subito un danno sia a causa della mancata risposta, nei tempi previsti dalla legge, della Regione che del ritardo degli uffici a rilasciare l’autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto fotovoltaici ad Augusta e deve essere per questo risarcita. Lo ha deciso il Tar  di Catania, che ha così accolto il ricorso proposto dalla Green energy che ha chiesto un risarcimento del danno, parte del quale che verrà quantificato in altra sede, condannando intanto la Regione alle spese di giudizio in favore della società ricorrente, liquidandole in complessivi 1.500 euro oltre spese e oneri di legge.

Il 24 marzo del 2010 la società che opera nel mercato libero dell’energia aveva presentato all’assessorato regionale dell’Energia e dei Servizi di pubblica utilità, dipartimento Energia, un’istanza per ottenere l’autorizzazione unica per la realizzazione e l’esercizio di un impianto fotovoltaico, di potenza complessiva pari a 930,00 kWp, denominato “San Paolo Plus”, che sarebbe dovuto nascere ad Augusta, in località “Palmiere”. Il progetto era corredato dalla documentazione e dai pareri favorevoli richiesti e rilasciati dalle amministrazioni interessate, risultando conforme al “Piano energetico ambientale siciliano” approvato con decreto del presidente della Regione siciliana nel 2009.

Trascorso infruttuosamente il termine di 180 giorni, previsto dalla legge per la conclusione del procedimento, senza che venisse adottato alcun provvedimento né convocata la prima conferenza di servizi, la ricorrente nel 2011 intimava l’assessorato regionale dell’Industria a provvedere, chiedendo l’istruzione del procedimento per l’emanazione della determinazione conclusiva e proponeva, quindi, ricorso deciso con sentenza del 4.11.2011 che dichiarava illegittimo il silenzio della Regione, obbligandola a provvedere entro i successivi 60 giorni.

Nulla però succedeva cosi a gennaio del 2012, a fronte della perdurante inerzia dell’amministrazione regionale, la società ricorrente inoltrava una nuova diffida, anche questa rimasta inevasa; nel frattempo veniva varata una modifica legislativa restrittiva in materia di accesso agli incentivi statali previsti per gli impianti fotovoltaici di nuova autorizzazione e gli impianti con moduli collocati a terra in aree agricole, quali quelli progettati dalla società ricorrente, venivano completamente esclusi dagli incentivi, eccetto quelli che avessero conseguito “il titolo abilitativo entro la data di entrata in vigore del presente decreto o per i quali sia stata presentata richiesta per il conseguimento del titolo entro la medesima data, a condizione in ogni caso che l’impianto entri in esercizio entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Da qui il secondo ricorso della società presentato a marzo 2012 con cui si chiedeva il risarcimento del “danno emergente” e del “lucro cessante”: a titolo di danno emergente delle spese occorse per il mantenimento della struttura organizzativa deputata alla realizzazione del progetto, delle spese di assistenza e consulenza legale affrontate per ottenere la condanna dell’amministrazione procedente a provvedere sull’istanza, dei costi relativi alla progettazione, all’istruzione del progetto, oltre al rimborso del 10% del costo del terreno acquistato per la realizzazione degli impianti; a titolo di “lucro cessante” la condanna al pagamento di una somma, da valutarsi in via equitativa, che avesse come parametro di riferimento la tariffa incentivante che sarebbe spettata alla società in caso di tempestiva autorizzazione dell’impianto.

La Regione Sicilia e l’assessorato regionale all’Energia e ai Servizi di pubblica utilità, Dipartimento Energia si sono costituti in giudizio e il 16 luglio 2012 veniva convocata la prima e unica conferenza di servizi a cui seguiva, nell’ottobre dello stesso anno, il rilascio del provvedimento di autorizzazione unica per la realizzazione e l’esercizio dell’impianto, ma la Green energy ribadiva le richieste risarcitorie avanzate con ricorso per motivi aggiunti che veniva trattato dal Tribunale amministrativo regionale ben 10 anni dopo, ovvero all’udienza straordinaria del 24 ottobre 2022, dedicata allo smaltimento dell’arretrato che ha dato ragione alla società ricorrente.

“Partendo dalla consequenzialità immediata e diretta tra la ritardata conclusione del procedimento ex art. 12, d.lgs. n. 283/2003 e il mancato accesso agli incentivi tariffari, risulta – si ribadisce – provato per tabulas che la mancata conclusione del procedimento nei termini prescritti dalla legge – abbia impedito alla ricorrente di ottenere il provvedimento autorizzativo del proprio progetto e con esso la possibilità di accedere ai meccanismi di incentivazione; ciò che è dimostrato dal successivo tardivo rilascio del titolo abilitativo”– si legge nella sentenza.

In buona sostanza, “il rilascio sia pure tardivo del titolo autorizzativo dimostra che l’istanza presentata dalla società ricorrente fosse perfettamente assentibile nei termini legislativamente imposti e che il ritardo sia interamente addebitabile all’amministrazione procedente. La domanda risarcitoria va, quindi, certamente accolta nell’an sussistendo tutti i presupposti prescritti dall’art. 2043 del codice civile” – scrivono i giudici della seconda sezione  del Tar che si sono riuniti nella camera di consiglio del 24 ottobre scorso presieduto da Francesco Brugaletta, (Giacinta Serlenga consigliere estensore, Antonino Scianna primo referendario).

Per quanto riguarda la quantificazione dei danni, è stata accolta la richiesta di risarcimento del danno emergente, fermo restando la necessità di decurtare dalle spese legali richieste quanto già liquidato da questa sezione a titolo di condanna alle spese nella sentenza del 4.11.2011 (900 euro al netto di spese generali, contributo unificato, Iva e Cpa), mentre per quanto riguarda  il lucro cessante i giudici etnei hanno escluso “la possibilità di parametrazione tout court di tale pregiudizio all’entità degli incentivi ai quali non si sia potuto avere accesso a causa del ritardo nel rilascio del provvedimento autorizzativo”  e pure “la possibilità di parametrare l’entità dei danni sic et simpliciter agli utili che l’impresa avrebbe conseguito ove avesse svolto l’attività nei tempi pregiudicati dal ritardo dell’amministrazione, atteso che l’attività non è stata effettivamente svolta”.

Hanno dunque statuito che il danno vada, in ogni caso, liquidato secondo i criteri di determinazione del “danno da perdita di chance”, anche con ricorso alla valutazione equitativa e che dovrà essere quantificato in contraddittorio fra le parti, al fine di pervenire a una proposta di liquidazione entro 120 giorni dalla data di comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, o di notifica della stessa ad opera della parte più diligente, se anteriore.


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