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La mamma finlandese torna a parlare della scuola: “siciliani caldi e gentili, non è colpa loro se il sistema scolastico è così”

“Se c'è qualcosa che non va – scrive sui social - io non tengo la bocca chiusa. Spero che il sistema scolastico italiano migliori”

Foto dal profilo Facebook

È bastata una lettera aperta, raccolta e pubblicata da SiracusaNews, per creare l’ennesimo dibattito sulla scuola italiana. Sono intervenuti lettori, insegnanti, sindaco, assessore regionale e ministro. Tutti, praticamente, tranne la preside dell’istituto Paolo Orsi, scuola interessata dalle lamentele della mamma finlandese, Elin Mattsson.

E proprio lei, la pittrice moglie di un manager e madre di 4 figli, è stata al centro delle attenzioni della stampa nazionale e, permetteteci di dirlo, mondiale. Considerato che anche la Cnn ha deciso di occuparsi della sua storia, finita tra le pagine di tutti i giornali anche esteri. È stata invitata come ospite in trasmissioni tv e radiofoniche, non ha accettato e si è detta stupita – come non esserlo – del clamore suscitato da una semplice lettera.

Eppure, lei, aveva semplicemente detto ciò che a suo dire non andava, non voleva restare in silenzio, “se c’è qualcosa che non va – scrive sui social – io non mi tengo la bocca chiusa. Spero che il sistema scolastico italiano migliori”. Elin per tre giorni ha risposto a chi le chiedeva conto e ragione di quanto affermato, poi ha bloccato pure i commenti sui social. Erano troppi.

Intanto ha provato a difendersi (siamo in “Europa, quindi probabilmente pensavamo/credevamo che dovesse essere simile alla Spagna” e ancora, “pensavo che il sistema scolastico in Europa possa essere uguale. Vivere in culture diverse non fa altro che arricchire le persone e renderci più aperte”), giustificarsi (“ho avuto la sfortuna di scegliere una scuola in una posizione peggiore, senza accesso a campi sportivi”), chiarire (la lettera, scritta “con l’intento di aprire gli occhi e aiutare i bambini lì”).

La pittrice parla svedese, finlandese, inglese, tedesco e spagnolo, non l’italiano (soggiorno troppo breve) ma non rinnega la propria scelta né la voglia di integrazione. La sua recriminazione non ha nulla a che vedere con l’Italia e con la Sicilia. “Non abbiamo problemi ad adeguarci alla cultura e sicuramente avremmo imparato anche l’italiano, bella lingua – scrive ancora – Volevo solo dire che nessuno a scuola dovrebbe sentirsi urlare contro, che una scuola senza pause e aria fresca rende l’apprendimento più difficile per i ragazzi. I bambini dovrebbero essere bambini e imparare giocando”, non pensava che i lettori la prendessero così sul personale e consiglia piuttosto di non essere troppo orgogliosi e porsi la domanda “cosa possiamo fare meglio?”.

Ma Elin si limita a criticare la propria esperienza scolastica: “amo la Sicilia, ma la scuola era talmente brutta che non potevo più vedere i miei figli lì”. Le è piaciuta la Sicilia, Siracusa, il cibo, il sole, l’atmosfera e l’accoglienza, ma “volevo solo evidenziare alcuni problemi a scuola”. Non dell’intero sistema educativo, ma solo ciò che ha vissuto. “Mi dispiaceva per il piccolo di 3 anni che doveva sedersi intorno a un tavolo, immobile e senza poter giocare all’aperto, come avrebbe dovuto – racconta ancora commentando l’articolo -. Era molto simile alla Finlandia di una volta. Ma ora è il 2023. Tutti dovremmo sapere che i bambini imparano giocando! Quindi sono solo soddisfatta se posso contribuire a una discussione che porti a standard migliori per i bambini”.

E ciò che ha vissuto, che hanno vissuto, è servito anche per avere metri di confronto: ”probabilmente è anche un bene per i miei figli conoscere veramente quanto sia grande la scuola che hanno a casa in Finlandia, quando si lamentano. Bisogna sempre sperimentare cose diverse per avere una prospettiva. Viviamo solo una volta e vogliamo veramente provare culture diverse. I siciliani sono persone molto calde e gentili, non è colpa loro se il sistema scolastico è così com’è”.

La famiglia Mattsson è andata via dall’Italia contestando il modello, le repliche di assessore regionale e ministro non sono state critiche, non sono state accolte dalla politica che si è limitata a difendere l’amor proprio, il ruolo degli insegnanti in generale, non affrontando il tema principale, la domanda a cui non sono riusciti a rispondere: è questa la scuola che vogliamo?


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